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Scieri, il giorno del generale "Deve essere assolto"

Morte in caserma, l’arringa dell’avvocato Virgone, che difende l’ex comandante. Folgore. Francesco Scieri dopo l’udienza: ‘Per noi impossibile che non sapesse’

di Carlo Baroni

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"No comment", ha detto il generale Enrico Celentano uscendo dal tribunale di Pisa. Aveva già detto tutto, in una lunga arringa, il suo avvocato, il penalista Francesco Virgone, davanti al gup Puetro Murano per difendere l’ufficiale dall’accusa di favoreggiamento nell’ambito del processo sulla morte di Emanuele Scieri. Un’arringa che ha ripercorso i fatti, mettendo sotto la lente tanti aspetti, ma anche il rapporto tra orari contestati e testimonianze relative agli accadimenti di quella notte rimasta nel giallo per ventidue anni.

Anche nell’analisi di questo rapporto, si apprende, per la difesa del generale, emergerebbero tutti gli elementi per mandare assolto il generale "perchè il fatto non sussiste". Celentano, accusato di favoreggiamento, ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato: la pubblica accusa (il procuratore Alessandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia) hanno chiesto per lui 4 anni di reclusione. E la stessa pena l’hanno chiesta anche per l’altro ufficiale finito in questa storia, l’ex aiutante maggiore Salvatore Romondia (difeso da Barbara Druda) e accusato anche lui di favoreggiamento. Secondo la procura il generale Enrico Celentano avrebbe omesso di riferire quanto a sua conoscenza in relazione alla morte di Scieri. Celentano non avrebbe saputo chiarire le circostanze di una sua probabile presenza a Pisa la notte dell’omicidio (la cella telefonica che serve la zona della Gamerra registra il telefono cellulare fornitogli dalla Folgore alle 23.47), i motivi di una rapidissima e improvvisa ispezione in caserma all’alba del 15 agosto a cui segue, il 16, appresa la notizia del ritrovamento del cadavere, una sua presenza alla Gamerra di due minuti. Ma proprio quella ritenuta presenza dell’ufficiale pochi minuti prima della mezzanotte la sera del fatto,"striderebbe" – nel copione difensivo – anche con gli orari emersi in quanto riferito nella tetsimonianza chiave, quella della recluta che avrebbe sentito i nonni parlottare la drammatica notte del 13 agosto 1999, esternare la paura per "averla fatta grossa" ed i timori di dover dare spiegazioni ai superiori.

Quella di ieri è stata l’ultima arringa difensiva davanti al gup nel procedimento sulla morte di Emanuele Scieri, il 26enne parà sicuracusano che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato vittima della prevaricazioni dei nonni (gli ex caporali Alessandro Panella, Luigi Zabara e Andrea Antico): prevaricazioni, per l’accusa, sfuggite di mano, e diventate omicidio volontario aggravato in concorso. Dei tre solo Antico ha chiesto l’abbreviato e la procura ha chiesto al giudice di condannarlo a 18 anni di carcere. Presente anche ieri, il fratello di Lele, Francesco Scieri (assistito dagli avvocati Alessandra Furnari ed Ivan Albo) che uscendo dall’udienza ha detto: "Impossibile, per noi, che il generale non sapesse di mio fratello".