REDAZIONE PISA

Sciopero alla raffineria Eni dopo l'esplosione mortale a Calenzano

Assemblea e sciopero dei lavoratori indotto Eni per chiedere maggiore sicurezza sul lavoro dopo la tragedia di Calenzano.

Intanto allo stabilimento di Stagno. In 500 incrociano le braccia: "Sotto choc, nessuno ci tutela"

La protesta di fronte allo stabilimento Eni di Stagno

Ho il cuore in fiamme. È insopportabile e inaccettabile non tornare a casa dopo un giorno di lavoro. Allora c’è solo un patto tra lavoratori e lavoratrici che potrebbe salvarci, nel rispetto delle leggi. Ovvero se un compagno o una compagna di lavoro si rifiuta di svolgere un lavoro perché ritenuto pericoloso, non ci deve essere un altro compagno, o un’altra compagna che lo fa al posto suo... Per cui dobbiamo prima di tutto combattere contro le nostre debolezze.

Queste le parole dure e sferzanti di Giuseppe Gucciardo, della Filt Cgil, pronunciate durante l’assemblea ieri mattina all’esterno della raffineria Eni con i lavoratori dell’indotto del colosso dell’energia. Un’assemblea iniziata alla 8.30 e terminata alle 10.30, sotto una pioggia fitta, gelida, come l’atmosfera che si respirava davanti ai cancelli dello stabilimento. L’assemblea con annesso sciopero, sono stati decisi dopo l’ennesima strage sul lavoro avvenuta lunedì mattina al deposito Eni di Calenzano, dove si è verificata un’esplosione costata la vita a 5 lavoratori (gli ultimi dispersi sono stati trovati ieri mattina). 26 i feriti, dei quali due gravi. Oggi due ore di sciopero del personale della raffineria di Stagno a fine turno, proclamato in segno di lutto da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil.

"Li conoscevo i lavoratori che hanno perso la vita e conosco i feriti – ha proseguito Gucciardo – Tutte persone che svolgono e svolgevano il loro mestiere di autisti di autocisterne con perizia e orgoglio. Sì, l’orgoglio di chi si suda lo stipendio per portarlo a casa".

Tra i lavoratori radunatisi a centinaia – si stima circa 500 – ieri mattina davanti alla raffineria, c’era anche Davide Rossetti, autista della Mavet, amico di Davide Baronti il collega morto per l’esplosione a Calenzano e di Emiliano Braccini (della Meri Trans), ricoverato al centro grandi ustionati dell’ospedale Cisanello di Pisa. "Davide lavorava con me alla Mavet, eravamo a pranzo insieme domenica. Eravamo sereni con le nostre famiglie". "Abbiamo sperato che fosse in un ospedale, invece... non ce l’ha fatta...". "Invece Emiliano lotta tra la vita e la morte in ospedale". Anche Davide Rossetti spesso va al deposito Eni di Calenzano. "Come tutti gli autotrasportatori qui, anche io vado a Calenzano. Giovedì ero proprio lì insieme a Emiliano. Potevo esserci io lunedì quando c’è stata l’esplosione. In queste circostanze ti senti... come d’autunno sugli alberi... le foglie... Siamo scioccati".

C’è stata l’occasione per ribadire quanto sia pericoloso il lavoro di chi trasporta sostanze infiammabili. "Sì, è un lavoro pericoloso – ha detto – Non ci viene nemmeno riconosciuto l’indennizzo che spetta invece agli autisti che trasportano container, nonostante ogni anno siamo tenuti a rinnovare le certificazioni obbligatorie, pagandole di tasca nostra". E sui controlli: "La polizia stradale ci sta alle costole ed è giusto. Ma i controlli devono puntare anche alla sicurezza".

Sulle condizioni di lavoro: "Qui alla raffineria come a Calenzano entriamo, carichiamo e andiamo di continuo. Il rischio c’è sempre – chiude – A Calenzano pensiamo che l’esplosione sia stata causata da un innesco, perché i vapori lì ci sono sempre. E anche gli sversamenti... Poi mi è stato detto che al deposito erano in corso lavori in una baia. Forse un lavoro di carpenteria. Chissà se c’è un nesso con l’esplosione".