Pisa, 10 gennaio 2025 – La Sant’Anna ha permesso a due persone paraplegiche di tornare a camminare. Si tratta di un progetto, avanguardia mondiale, realizzato dall’ateneo pisano in collaborazione con l’ospedale San Raffaele di Milano e l’Università Vita-Salute San Raffaele che ha consentito, grazie a una tecnica di neurostimolazione, di ridurre le contrazioni muscolari involontarie e far tornare le persone con lesione al midollo, nuovamente sulle loro gambe. La ricerca, iniziata nella primavera 2023, aveva l’obiettivo di ridurre ciò che il coordinatore della ricerca, Silvestro Micera, professore ordinario della Sant’Anna ha definito “uno dei problemi più frequenti nei pazienti con lesioni al midollo spinale: la spasticità, ossia delle contrazioni involontarie dei muscoli che rendono molto difficile, se non impossibile, ogni tentativo di controllo motorio”.
Professore, come avete condotto la ricerca?
“Abbiamo sfruttato un neurostimolatore impiantabile, già in uso per altri scopi, e usando nuove modulazioni dei segnali elettrici sono riusciti a ridurre sensibilmente la spasticità muscolare sui due pazienti. Grazie a ciò, hanno così potuto completare un percorso di riabilitazione registrando notevoli miglioramenti e recuperare le funzioni motorie, al punto che uno ha anche percorso 175 metri senza necessità di stimolazione attiva”.
Come mai è così importante ridurre la spasticità?
“Le spiego: le persone paraplegiche possono essere reclutate per esperimenti di stimolazione del midollo spinale a bassa frequenza, che permettono di tornare a camminare. Se il paziente presenta spasticità non può essere reclutato per il protocollo sperimentale. Grazie al nostro studio possiamo eliminare la componente spastica”.
E dunque permettere a più persone di fare riabilitazione.
“Sì, e non stiamo parlando di piccoli numeri”.
Può fare una stima?
“All’incirca i 2/3 dei pazienti paraplegici con lesioni al midollo spinale presentano spasticità. Mettendo le mani avanti le dico che secondo le nostre previsioni potremmo aiutare tutti i pazienti paraplegici. Ovviamente non abbiamo certezze assolute, ma siamo ottimisti”.
Una prospettiva incoraggiante. Come vi siete sentiti a condurre questa ricerca?
“Aiutare le persone che hanno seri problemi ci fa piacere, anche perché ridiamo loro la speranza di ritornare alla vita. Ci impegniamo con tutte le nostre forze per portare avanti l’idea di una scienza che sia sempre al servizio delle persone e soprattutto dei più deboli”.
I prossimi passi?
“L’obiettivo che abbiamo adesso è allargare il numero di pazienti che possano prendere parte a questa sperimentazione, in modo da confermare questi risultati preliminari. Attualmente il San Raffaele può fare impianti ogni 2 mesi, e a oggi sono 8 i pazienti trattati. Inoltre, vogliamo allargare le tipologie di persone da curare per dare una prospettiva anche ai pazienti che hanno problemi di livello non traumatico al midollo”.