
PISA
Il 16 gennaio 1965 moriva a Pisa Giuseppe Viviani, artista, pittore e arsellaio; insomma, il Principe di Boccadarno. Oggi, 57 anni dopo, nell’imminenza di questo anniversario, spunta, complice il caso, una sua opera inedita: un vaso di fiori da lui inciso su una lastra di marmo bianco per il sepolcro della amata Naby, "simbolo della mia arte, conforto della mia vita", che muore nel 1946. La storia di questo ritrovamento, recentissimo, ne contiene un’altra, assai curiosa, anch’essa poco nota e tutta da approfondire.
Da qualche tempo, i nipoti di Bepi (suo fratello Aldo era il loro nonno) pensavano di sensibilizzare l’amministrazione comunale per restituire dignità alla tomba della famiglia Viviani nel Cimitero di via Pietrasantina, in ragione della presenza di una incisione attribuibile, secondo loro, proprio all’artista. Nella tomba sono sepolti il padre e la madre di Bepi, cioè Niccola Viviani (morto nel 1903) e Genny Redini (morta nel 1964) e, per un periodo, vi giacque anche Giuseppina Angela Romano, cioè Naby. Nell’incisione sono rappresentate delle campanule, un motivo ricorrente nelle opere di Viviani, che in origine recavano inserti ora chissà da quanto tempo scomparsi. In cerca di una prova della autenticità dell’opera, Alessandro Di Ciolo (marito di Giovanna Lepri, nipote di Viviani) contatta lo storico dell’arte Stefano Renzoni che non esclude la mano di Viviani ma lo invita ad andare più a fondo. A questo punto Di Ciolo prende in mano l’archivio di famiglia assieme al cognato Francesco Lepri. Fra le carte del nonno Aldo, Lepri trova un documento: un lungo verbale della Polizia Giudiziaria della Procura di Pisa con le deposizioni di alcuni testimoni in una causa promossa nel 1965 da Aldo contro la cognata Eralda perché ella, senza consultarlo, subito dopo la morte di Bepi, nominata sua erede universale ed esecutrice del testamento, dispone l’estumulazione di Giuseppina e la sua traslazione nel colombario in cui, prima di lei, per circa 4 mesi, viene collocata in via provvisoria la bara di Bepi in attesa della sepoltura nella chiesa di San Francesco.
"Nel verbale – ricostruiscono Lepri e Di Ciolo –, il marmista Ido Parola racconta di aver ricevuto da Eralda l’incarico di ‘tagliare un marmo sepolcrale che era stato in precedenza installato sulla tomba di Romano Giuseppina, adattandolo, nelle dimensioni al colombario dove era stata traslata la salma della Romano’ e aggiunge che ‘la moglie del defunto Viviani mi pregò di lasciare intatta una scultura raffigurante un vaso con fiori che era stata eseguita sul detto marmo dal prof. Viviani, quando era in vita’". Parola spiega infine di aver tagliato la lastra e di aver collocato la parte con la scultura sul colombario, lasciando invece nel laboratorio del marmista la parte con l’epigrafe, testimonianza dell’amore e del dolore di Bepi per Naby.
A questo punto la storia si ingarbuglia, perché il verbale parla di un vaso con fiori, mentre sulla tomba di famiglia non c’è traccia di un vaso ma solo di fiori, le campanule appunto. Resta solo un cosa da fare: andare sulla tomba di Giuseppina. E qui c’è la conferma. La lastra di marmo col vaso di fiori, palesemente tagliata e adattata al colombario è qui. Ecco quindi l’opera inedita sfuggita per decenni agli studiosi dell’artista. Rimane aperta la questione relativa alle campanule della tomba di famiglia. Sono anch’esse opera di Viviani? Stando ai ricordi dei nipoti, ora in cerca di nuove prove, la probabilità è molto alta.
Eleonora Mancini