
Sabina Nuti (foto di Enrico Mattia Del Punta)
Pisa, 10 marzo 2025 – “La strada da fare per contrastare le diseguaglianze di genere è ancora lunga e per le donne, in Italia, è ancora difficile fare carriera. Non basta qualche rettrice in più ma serve un cambiamento culturale a tutti i livelli del Paese”. È il messaggio che manda Sabina Nuti, rettrice della Scuola Sant’Anna di Pisa dal 2019 e madre di quattro figli di cui due nati in Guatemala mentre era volontaria per la cooperazione internazionale. Durante i suoi anni al vertice dell’ateneo d’eccellenza in piazza Martiri della Libertà, Nuti ha operato per ridurre il gender gap e contrastare gli stereotipi di genere nel percorso di orientamento e di formazione universitaria, obiettivi propedeutici per contribuire a “cambiare il contesto culturale in cui viviamo, che deve superare i preconcetti e le paure che riguardano entrambi i generi. Per i ragazzi – aggiunge la rettrice – perseguire la libertà di seguire percorsi considerati femminili, e per le ragazze superare la paura di intraprendere percorsi professionali che storicamente non appartengono loro”.
Basta questo?
“No, ma sono i passaggi per creare una nuova consapevolezza culturale che coinvolga anche gli uomini”.
L’esempio come il suo delle donne al comando può essere una soluzione?
“Una parte della soluzione. La leadership femminile è importante perché possiamo dimostrare che siamo in grado di svolgere qualsiasi tipo di ruolo. Solo che devono essere molte le storie e le esperienze per riuscire a scardinare i pregiudizi di genere”.
Nella sua esperienza alla guida della Sant’Anna ne ha mai avvertiti?
“Quasi sempre le donne che ricoprono ruoli apicali hanno bisogno di dimostrare maggiormente le loro capacità rispetto agli uomini. Anche in modo non esplicito o non consapevole, da parte dei colleghi uomini c’è spesso scetticismo: noi donne non partiamo con la loro fiducia in spalla ma dobbiamo guadagnarcela giorno dopo giorno. I giovani da questo punto di vista sono più aperti e il futuro mi sembra più roseo... ma nella mia generazione questo aspetto è stato spesso molto presente”.
Conta avere una rettrice a guida delle università?
“Le dirò, più che la persona al vertice è importante avere una sempre maggiore rappresentanza generalizzata delle donne a tutti i livelli”.
Lei per questa battaglia si è impegnata molto durante il rettorato, e il gender gap si è un po’ ridotto dal 2019. È soddisfatta dei risultati?
“Non troppo, tra i miei obiettivi è quello dove gli esiti sono stati più scarsi, soprattutto per il numero di professoresse ordinarie. Tuttavia era immaginabile, in 6 anni si possono costruire edifici ma non si cambia la cultura, ci vuole più tempo”.
E l’azione più importante fatta a favore delle donne in questi anni?
“Se ne dovessi dire uno è il contributo economico per le nostre ricercatrici neo mamme, così da offrire loro un supporto nella gestione dei figli soprattutto per le spese degli asili nido o di una baby sitter nel primo anno di vita del bambino. Sono fiera che la Scuola Sant’Anna abbia dato il suo contributo per trasmettere il messaggio che la maternità non è in antitesi allo sviluppo professionale”.
Secondo lei le donne sono frenate dalla scelta tra figli e lavoro?
“Purtroppo sì, troppo spesso le ragazze temono di non farcela a combinare lavoro e famiglia, ma io dico loro di non tirarsi indietro, di abbattere gli stereotipi senza paura cercando l’equilibrio tra professione e famiglia”.
La formazione alla Scuola Sant’Anna può aiutare le battaglie per i diritti?
“Assolutamente, i ragazzi e le ragazze di alto merito saranno gli ambasciatori di un messaggio di parità, inclusione e rispetto dell’altro genere. Questo è l’obiettivo di chi, come la Scuola Sant’Anna, si dedica alla formazione dei cittadini del domani”.