ANTONIA CASINI
Cronaca

“La sentenza ci ha dato giustizia”. Psichiatra uccisa, ergastolo a Seung. L’abbraccio dei colleghi

Barbara Capovani venne aggredita dal suo ex paziente all’esterno dell’ospedale Santa Chiara. I difensori dell’imputato avevano chiesto l’assoluzione per incapacità di intendere e volere

Pisa, 17 ottobre 2024 – “Barbara purtroppo non c’è più. Ma oggi la sentenza ci ha dato giustizia”. Il collega e amico Davide Ribechini abbraccia una collega e gli amici della dottoressa Capovani. Chi l’ha uccisa quel 21 aprile 2023 aggredendola, il 36enne Gianluca Paul Seung, che ha confessato in aula, ieri è stato condannato all’ergastolo e a risarcire la famiglia per un milione e 670mila euro. Una cifra simbolica che “i suoi cari non riceveranno mai”.

Gianluca Paul Seung in aula (Foto Enrico Mattia Del Punta)
Gianluca Paul Seung in aula (Foto Enrico Mattia Del Punta)

È il giorno del verdetto per un processo veloce davanti alla Corte d’assise di Pisa con una camera di consiglio altrettanto veloce, poco più di due ore. Ieri mattina l’imputato aveva reso spontanee dichiarazioni, mai una parola di dispiacere per la professionista pisana o i suoi familiari. Barba lunga e camicia, si è rivolto alla corte e ai giornalisti: “Volevo sfregiare Capovani e vedere di smuovere le acque e la procura a indagare sui traffici di organi”. Quindi, a cascata, cita, secondo un copione ricorrente, Riina, Matteo Messina Denaro, Giulia Cecchettin e Sharon Verzeni arrivando a dire che, quest’ultima, sarebbe stata la figlia di Barbara.

“Il mio – assicura è un senso di giustizia e un senso civico. Io non l’ho fatto perché sono cattivo o matto. Non voglio uno sconto di pena. I detenuti mi hanno detto ’fai finta che sei malato’. Ma io sono rimasto leale, sono capace”. Poi entra nel dettaglio di quel giorno che ha cambiato la storia della psichiatria italiana, che ha scosso una città e un Paese ponendo tante domande senza risposta. “Volevo farle uno sfregio, ma c’era una donna delle pulizie che stava entrando nell’ascensore e che ha urlato. Quelle grida mi hanno fatto colpire più veloce per andarmene”. Il risultato sono 12 colpi in appena sette secondi con quello che lui stesso ha definito “un oggetto contundente”. “L’osso – sottolinea la sostituta procuratrice Lydia Pagnini – viene pestato come in un mortaio. Non ci sono dubbi sul fatto che la volesse ammazzare”. E la pm spiega anche il perché. “Per una vendetta covata per 4 anni”. Nel novembre del 2019, infatti, l’uomo che abita a Torre del Lago, fu ricoverato su disposizione del giudice nell’Spdc, la psichiatria territoriale del Santa Chiara, il reparto che proprio Capovani avrebbe poi diretto. “Lei è morta perché ha fatto il suo dovere”. Colui che sui social si definiva “lo sciamano”, infatti, “era stato già condannato per violenza sessuale su minore” e “da subito manifestò attenzioni morbose verso una giovane paziente estremamente fragile e minorenne”.

La dottoressa lo contenne per evitare che si recasse nella sua stanza. “Il 3 dicembre scrisse che lui gliela avrebbe fatta pagare”. Il giudice dispose i domiciliari, ma il braccialetto elettronico - questa la ricostruzione - arrivò solo l’11 dicembre. Quindi, le prove della premeditazione per l’accusa che aveva chiesto anche l’isolamento diurno (escluso). “Scaricò un anno prima la foto della dottoressa sul suo computer, partì da casa con un’arma letale. Non c’è vizio né parziale né totale”. Procura che chiede di valutare “la trasmissione degli atti per un’accusa di falsa testimonianza e calunnia” verso lo zio di Seung, che ha testimoniato in aula. Il legale della famiglia, l’avvocato Stefano Del Corso, spiega che “l’ergastolo è equo e che è necessario per difendere la società”. Mentre la difesa, gli avvocati Gabriele Parrini e Andrea Pieri, parlano di “un uomo abbandonato e lasciato solo. Non doveva esserci a Pisa quel 21 aprile, perché era stato già dichiarato incapace, è malato”. “Valuteremo se fare appello”, dicono.