Lo stadio si può fare e il Pisa – o per meglio dire il privato – già da luglio potrà presentare il proprio progetto. La moschea, invece, si farà ma il luogo sul quale sorgerà sarà il frutto degli esiti del dialogo che il Comune instaurerà con la comunità islamica. Un confronto che vedrà da una parte giungere l’imam Mohammad Khalil stringendo in mano i fogli della sentenza del Tar, che garantisce il diritto a costruire in via Chiarugi e dall’altra il Comune che opporrà le criticità di un progetto non conforme al regolamento urbanistico e (un probabile) ricorso al consiglio di Stato che allungherà i tempi.
"La variante adottata va avanti – afferma il sindaco Michele Conti in una conferenza stampa con gli assessori Massimo Dringoli e Raffaele Latrofa – e diverrà efficace in tutte le sue parti tranne quella annullata dal Tar che riguarda la moschea". Gli atti produrranno i suoi effetti appena pubblicati sul bollettino Regionale e senza passare da un nuovo voto in consiglio comunale. Indicativamente a luglio. "Questo non lo dice il sindaco – aggiunge il primo cittadino – ma i tecnici che hanno studiato le carte e i legali che, dopo una meditata e ponderata lettura della sentenza, si sono espressi in tal senso". Parere condiviso, fra gli altri, anche da Giuseppe Toscano, avvocato del Pisa e di Yard nel progetto di riqualificazione della nuova Arena. "La variante – prosegue l’assessore Latrofa – non è un atto pensato per i tifosi ma per tutta la città. E chi ha gioito, convinto che fosse saltata ogni cosa, lo ha fatto contro Pisa e non contro una giunta".
E’ tutta da giocare, invece, la partita della moschea. L’assessore Dringoli ha difeso la scelta di unire – nella stessa procedura – tanto l’Arena che la costruzione del luogo di culto: "Ciò che abbiamo fatto – argomenta – risponde ad una precisa volontà di ottimizzare tempi e risorse. Ciò che viene chiamata da molti ‘variante stadio’ in realtà è stata una grande occasione per avviare una riqualificare dell’intero quartiere. Uno studio sulla mobilità di una vasta area che, abbiamo visto, comprendeva anche la zona della moschea destinata al servizio non tanto e non solo dello stadio ma della vita quotidiana di Porta a Lucca". Come a dire: nessuna forzatura politica.
Al Comune resta comunque il nodo da sciogliere: "Per la moschea – spiega Conti – due gli scenari possibili: eseguire la sentenza, abdicando al potere regolatorio dell’ente, e far costruire la moschea in quell’area oppure aprire un confronto con la comunità musulmana per trovare una localizzazione diversa che non confligga con il regolamento urbanistico". E proprio questa sembra essere la strada preferibile dall’amministrazione: "Vorrei chiarire – aggiunge – che l’associazione culturale islamica non può ottenere domani mattina il permesso a costruire. E’ necessario l’esito di un’istruttoria tecnica che renda l’intervento conforme al Regolamento urbanistico. Oppure, dialogando, possiamo spiegare che l’area in questione non è idonea alla costruzione di un edificio di culto e che pertanto il Comune consentirà la realizzazione della moschea in un’altra area, nel nostro Comune, da individuarsi d’intesa con la comunità islamica". Senza dimenticare che il Comune pensa di ricorrere al Consiglio di Stato: "Stiamo valutando ma la prassi amministrativa va in tal senso". La mediazione, di conseguenza, potrebbe essere la soluzione migliore per tutti: "Per evitare ulteriori allungamenti dei tempi – aggiunge Conti– . Vi sono diverse aree pubbliche già riservate ad attività di culto". Dove? La moschea potrebbe magari essere ‘dirottata’ su Porta a Lucca 2 (ovvero fra via Gamerra e la ferrovia) oppure sorgere esattamente dove indicato oggi dal Tar: "Ma in tal caso – spiega Daisy Ricci, dirigente direzione urbanistica – il progetto dovrà essere rivisto perché la soluzione presentata dalla comunità islamica non è a norma con il regolamento urbanistico del 2017". Il che, tradotto, significa ridurre di buona parte le dimensioni dell’opera. Accettabile? La partita continua.