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Il Dipartimento di Biologia di Unipi partner del progetto europeo
Reti, lenze, nasse lasciate in mare o incustodite possono trasformarsi in trappole mortali per pesci e altre specie. Prede che possono continuare a catturare per mesi o addirittura anni, un fenomeno noto come "pesca fantasma". In soccorso delle specie marine arriva ‘Life Oasis’ un progetto pionieristico che punta a mitigare gli impatti negativi della pesca e dei rifiuti marini sulla biodiversità del Mediterraneo, con particolare attenzione alle tartarughe Caretta caretta, una specie prioritaria, censita anche nella Direttiva Habitat e classificata nella Lista Rossa della Iucn come specie "vulnerabile" a livello globale. Life Oasis combina tecnologia, ricerca e collaborazione diretta con il settore della pesca e marittimo a livello internazionale e vede il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa fra i principali partner. Il progetto svilupperà un modello intelligente di Afad (intelligent anchored Fish Aggregating Device), dispositivi ancorati sul fondale marino usati per pescare in modo controllato e sostenibile. Questi strumenti saranno dotati di sensori avanzati per monitorare l’ecosistema circostante e raccogliere dati sulla presenza di pesci e specie protette come le tartarughe marine. Verrà inoltre realizzata una mappatura degli attrezzi da pesca abbandonati, persi o scartati nel Mediterraneo. "L’obiettivo è triplice: prevenire la cattura accidentale delle tartarughe marine, promuovere la sostenibilità della pesca e tutelare la biodiversità", spiega il professor Paolo Casale (foto) dell’Università di Pisa, referente scientifico del progetto ed esperto nella conservazione delle tartarughe marine e nelle loro interazioni con la pesca. "Le iniziative che intraprenderemo - conclude Casale - avranno un impatto positivo sulla salute degli ecosistemi marini, contribuendo a limitare i danni alla biodiversità e riducendo il rischio di cattura accidentale di specie protette". Un progetto "fondamentale", sottolinea la dottoressa Luana Capetti, responsabile scientifica del Centro di recupero tartarughe marine ‘TartaMare’. "Ci capita spesso di ospedalizzare tartarughe Caretta caretta che hanno ingerito ami e lenze. Ne abbiamo una ora sotto osservazione recuperata a Capalbio. E’ arrivata da noi in fin di vita ed è stato un miracolo che abbia espulso una lenza di 2.80 metri. Gli attrezzi da pesca abbandonati sono deleteri per queste specie marine protette, perché causano una lenta agonia fino a provocare la morte". Ilaria Vallerini