Mentre s’indaga a tutto campo su cosa è accaduto a quaranta metri di profondità alle 14 e 30 di quel maledetto martedì 9 aprile, la scia di dolore è ancora intatta. Un dolore sordo e lancinante. Che deve almeno essere d’aiuto a capire cosa va fatto per migliorare quello che si deve migliorare. Perché non accada più. Perché non sia un altro primo maggio dove il popolo del lavoro è costretto a dire "basta". Un messaggio forte quello dei familiari di Alessandro D’Andrea, pisano di Forcoli, una delle sette vittime alla centrale elettrica sull’Appennino tosco emiliano, insieme all’avvocato Gabriele Bordoni che li assiste: "Morire sul lavoro a 37 anni, come a qualsiasi altra età, non è giusto e non dovrebbe accadere. Che questo giorno ci serva a tutti quanti per riflettere su quelle che potrebbero essere le migliorie in ambito lavorativo per far sì che certe tragedie non accadano".
D’Andrea, impiegato alla Voith di Cinisello Balsamo, tecnico esperto e stimatissimo, fu trovato senza vita sotto l’acqua e le macerie della centrale di Bargi nel comune di Camugnano. "Vorremmo aggiungere anche un nostro caro e sincero ringraziamento a chi ha lavorato senza sosta per soccorrere Alessandro, così come tutte le altre persone che ci hanno sostenuto in quei giorni così difficili e che continuano a farlo anche oggi". Inizialmente, infatti, subito dopo lo scoppio, D’Andrea era fra i dispersi e questo – per una manciata di drammatiche ore – aveva tenuto accesa la fiammella della speranza che poi si spense improvvisante gettando nello sconforto tutti nella sconforto – famiglia, amici della terra natale, colleghi di lavoro, l’Italia interna – che avevano pregato e sperato che il cuore di Alessandro battesse sempre. Invece il suo nome si aggiunse all’elenco delle vittime.
Le sorelle, i genitori e la sua compagna di vita, Sara, insieme all’avvocato Bordoni, vogliono ricordarlo "con poche ma chiare parole": Alessandro "ha da sempre amato il suo lavoro, tanto da spingersi a lasciare i propri affetti in Toscana sin da molto giovane e trasferirsi in una delle più grandi metropoli del lavoro, a Milano – si legge – dove avrebbe avuto sicuramente maggiori possibilità di crescita personale, ma soprattutto professionale. Questo per dire che Alessandro si è impegnato e sacrificato, ha avuto sempre la voglia di sapere, di conoscere e di imparare e così ha viaggiato per lavoro in tutto il mondo". "A oggi avrebbe avuto ancora tantissima voglia di fare, di migliorare, nel suo piccolo, quella che è la realtà di vita che ci circonda – proseguono i familiari –. È proprio per questo che aveva scelto di lavorare nell’ambito delle energie rinnovabili, materia che lo affascinava così tanto, proprio perché gli dava la possibilità di unire conoscenze in campo dell’idraulica, se non anche dell’elettronica e anche della meccanica".
"Era entusiasta, credeva nel valore del lavoro e dell’impegno, aveva fiducia nel suo futuro e ci coinvolgeva raccontandosi del suo mondo e questo ci ha sempre reso felici e ci mancherà tantissimo". "Così - concludono - ricordiamo Alessandro e, con lui, tutte le vittime sul lavoro e alle loro famiglie; ed ora veglia su di noi da lassù e stacci vicino proprio come eri solito fare anche qui". Intanto, appunto, c’è un’inchiesta aperta della Procura di Bologna: quattro ingegneri, professori esperti di meccanica, idraulica, costruzioni e sistemi elettrici sono stati chiamati ad aiutare gli inquirenti a comprendere quello che è successo il 9 aprileper definire le eventuali responsabilità. Alla vigilia del primo maggio, inoltre, Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato che si costituiranno parte civile.