Pisa, 1 novembre 2024 – L’Università di Pisa scende in piazza contro i tagli. Gli atenei lamentano tagli al Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) che, secondo le tabelle del Ministero dell’università e della ricerca, si attestano a 173 milioni, il 2% in meno rispetto al 2023. Una percentuale che sotto la Torre Pendente incide moltissimo, come sottolinea il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi. “Per il nostro ateneo si tratta di un taglio veramente pesante: benché sia formalmente quantificato in circa 7 milioni di euro, di fatto corrisponde a più del doppio per la revisione dell’impostazione di alcune voci contabili. Stiamo parlando - precisa Zucchi - di circa 16 milioni e mezzo di euro, una cifra che ci mette in crisi per il prossimo bilancio. Non dobbiamo cedere al panico ma fare aggiustamenti sul versante entrate uscite e in caso una rimodulazione”.
Rettore, concretamente i tagli cosa comportano per voi?
“A lungo andare temo che provocheranno un serio impatto negativo sulla qualità della ricerca e purtroppo non abbiamo modo di mettere in gioco misure impegnative in tempi brevi”.
Quindi siete costretti a una rimodulazione, ha già idea di quali voci taglierete?
“Probabilmente sacrificheremo una serie di attività, ma ancora non so dire quali: lo valuteremo durante il bilancio. Il nostro obiettivo resta quello di assicurare la qualità della didattica e della ricerca, anche se questo vorrà dire probabilmente rimodulare assegni di ricerca, borse di dottorato e finanziamento ai singoli docenti”.
C’è peraltro il rischio di una importante perdita di competitività dell’Ateneo.
“Non soltanto del nostro, ma di tutte le università italiane. E il rischio maggiore secondo me sarà quello che saranno messi gli atenei contro gli altri”.
Se i tagli diventeranno strutturali, come pensate di muovervi per rilanciare Unipi?
“Strategicamente parlando dobbiamo attrarre studenti internazionali da fuori Europa: il numero dei giovani italiani sta diminuendo per motivi demografici e soprattutto siamo svantaggiati per le carriere visto che in Italia specializzazioni e dottorati sono pagati 3-4 volte meno che in Svizzera, Francia e Germania. Il bacino per i nuovi iscritti sono i Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. I nostri studenti futuri provengono da lì. Dobbiamo impegnarci per potenziare la didattica in inglese e le lezioni a distanza fatte con qualità, senza fare come le università telematiche. Inoltre...”.
Dica.
“Dobbiamo incentivare i nostri ricercatori a concorrere per ottenere fondi europei alla ricerca, ma in questo caso sappiamo che la competizione è fortissima e non è una misura a breve termine. Ciò che si può fare oggi è condividere la protesta sperando che possa arrivare alle orecchie di chi decide e soprattutto cercare di sensibilizzare colleghi, studenti e popolazione sulla serietà di questi tagli”.