San Miniato (Pisa), 7 ottobre 2023 – L’inflazione non colpisce il pregiato tartufo bianco italiano, anzi: per quanto raggiunga nel 2023 il ragguardevole prezzo di 3mila euro e più al chilo per i rari tuberi oltre i 50 grammi, il suo costo è diminuito rispetto ai 4.500 euro dell’avvio della stagione di raccolta 2022. Questo primo dato di quest’anno è la quotazione media alla borsa del tartufo di Acqualagna, comunicata dalla Coldiretti che monitora con studi dedicati i prezzi del tubero più pregevole attraverso i costi alle manifestazioni a esso dedicate. Fiere, mostre mercato, feste paesane che sono spesso l’occasione migliore per trovarlo di migliore qualità e a prezzi più convenienti rispetto alla grande distribuzione (ma comunque certo non per tutte le tasche).
Scende ancora di più il prezzo per tartufi più piccoli, un po’ meno rari: 2.300 euro tra i 15 e i 50 grammi e ‘solo’ 1.500 euro al chilo sotto i 15 grammi. Secondo Coldiretti sarebbe una opportunità da cogliere al volo perché le condizioni climatiche fino a ora hanno consentito infatti una buona raccolta per il Tuber magnatum Pico che si sviluppa in terreni freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione, ma il lungo periodo di caldo e siccità potrebbe compromettere le produzioni.
Cosa che almeno in Toscana, lancia l’allarme il tartufaio e presidente dell’associazione Produttori colline toscane Diego Tomasulo, è già avvenuta e la quotazione certamente non collima con il raccolto, invece stentatissimo, del 2023: “La raccolta è scarsissima perché purtroppo manca l’acqua per il nutrimento dei tuberi e per ammorbidire il terreno, perciò è molto complicata. Non torna questa quotazione perché riuscire a trovare tartufi quest’anno è difficilissimo. Ed è scarsa anche la qualità di quello che viene trovato, tanti tartufi con questa siccità si sono sciupati e non sono commerciabili”.
“Stiamo aspettando la pioggia, si spera secondo le previsioni, verso il 15-17 ottobre – spiega Tomasulo – Se piove sicuramente, nelle settimane successive, riusciremo a cavare i tartufi. Ma lo stato attuale del terreno è preoccupante; nei primi 20 centimetri è come cemento, e i tartufi in questo primo strato sono per la maggior parte andati da buttare. Sotto i 20 centimetri dove la terra è rimasta più fresca, c’è la possibilità che qualche tartufo si possa trovare ancora, sempre che cominci a piovere e non prosciughi ulteriormente il terreno. Il tartufo bianco cresce anche fino a 80 centimetri-un metro di profondità. Se la terra è morbida (ovvero quando ha piovuto) il cane raspa e riesce a trovare il tartufo anche in profondità; ma se è dura il cane non solo fa fatica, ma neanche sente l'odore perché i pori della terra sono chiusi, il terreno è troppo compatto”.
“Non mi trovo d’accordo con i prezzi di mercato – specifica il presidente – Ok andare incontro al consumatore finale, ma per dare un minimo di prodotto e di qualità c’è da fare tanta fatica, tanti chilometri percorsi nelle tartufaie. Considerando tutti i sacrifici e i costi, i prezzi dovrebbero stare un più alti. Il mercato ovviamente non lo fa solo la Toscana magari in altre regioni d’Italia ha piovuto di più. Altrimenti non mi trovo assolutamente d’accordo con questi prezzi”. La cosa peggiore è che il nostro pregiatissimo tartufo potrebbe essere calmierato al ribasso da prodotti di scarsa qualità esteri che drogano il mercato: “Il nostro prodotto, quello toscano è di spicco; il tartufo bianco rappresenta il vero tartufo simbolo del made in Italy, dell’eccellenza – sottolinea il presidente – Ogni regione ha il suo tartufo con le sue peculiarità, ma il tartufo bianco è simbolo della vera qualità made in Italy. Non vorrei che il calo di prezzi fosse dovuto al tartufo che arriva da altri Paesi che ha influenzato il mercato, visto che si trovano prodotti esteri a un prezzo stracciato. Ma assecondare queste logiche non è una linea da seguire per mantenere e la tutela dei prodotti del territorio”.