
Un reparto di terapia intensiva (foto di repertorio)
Pisa, 15 novembre 2020 - Vedono pazienti gravissimi ogni giorno. Incontrano la morte, la comunicano, la devono digerire perché chiusi gli occhi a una persona, poi si deve passare ad assisterne un’altra che, magari, proprio grazie a quelle cure avrà una nuova vita. Sono abituati. Ma il Covid è un’altra storia. Oggi, in tutta la provincia di Pisa e nei vari ospedali dedicati, ci sono state altre otto vite spezzate dal virus. "E’ difficile, sia da un punto di vista tecnico, che umano". La voce è quella di una dottoressa che soppesa ogni parola. Con lei parlano colleghi e infermieri della terapia intensiva dellUnità operativa di Anestesia e Rianimazione di Cisanello di Pisa, diretta dal dottor Paolo Malacarne. Ma parlano soprattutto le immagini silenziose, se non fosse per i macchinari rumorosi e i respiratori.
Corpi nudi sui letti, tra un groviglio di fili, ripresi con il consenso dei loro familiari, d’accordo nel far capire che "Il Covid esiste ed esiste per tutte le età". "I pazienti arrivano, respirano male, li mettiamo dentro ai caschi che non sono comodi. Spesso peggiorano", racconta un’operatrice.
"E’ difficile gestire anche il rapporto con i familiari che non possono venire a trovarli. E devi a dar loro notizie brutte per telefono, manca il contatto umano a cui eravamo abituati". E’ venerdì. "Oggi abbiamo otto persone ricoverate e sono giovani, molto più di quanto si possa pensare fuori". "Lavorare in una Rianimazione Covid ti porta a vivere diversamente tutto quello che stiamo passando. La paura non è tanto per me stessa quanto di portare qualcosa ai miei familiari, ai miei cari, e quindi di essere io in prima linea ma far rischiare anche loro". Un infermiere aggiunge: "Lavoriamo in condizioni estreme. Vi supplichiamo, fate attenzione!".
Si occupano mediamente per due-tre settimane di quei corpi che si vedono nelle immagini che hanno girato proprio loro, i sanitari. Noi, della Nazione, ci siamo fermati poco prima, all’esterno dell’edificio 31 di Cisanello. Conosciamo quel reparto, seguiamo i contagi quotidianamente, intervistiamo medici e infermieri, confrontiamo i dati Asl con quelli regionali e della Protezione civile. Sappiamo che dietro alle otto persone decedute che fanno parte del bollettino di oggi, ci sono nomi, cognomi e storie: il più giovane, di Pisa, aveva 56 anni ed era già gravemente malato. E una donna di Cascina ne aveva 65. Altre due, poi, le pisane uccise dal Coronavirus: una di 86 e una di 87. In questo elenco maledetto ci sono anche una donna di 78 di San Giuliano e tre uomini di Pontedera: 84, 86 e 87. Dottori, oss e infermieri assistono e si arrabbiano quando fuori si banalizza.
Il primario Malacarne aveva risposto così, solo una settimana fa: "A coloro che non credono dico, venite con me un’ora al pronto soccorso per vedere che cosa arriva".