di Carlo Baroni
PISA
Furono le intercettazioni della procura nell’ambito delle indagini sul buco milionario al Cnr ad accendere l’attenzione su quella che poi è stata tutta un’altra indagine e un’altro processo. Di cui ieri è iniziata la discussione con oltre due ore di requisitoria del pubblico ministero Flavia Alemi che concluderà alla prossima udienza affrontando il quadro della corruzione. Ieri il pm si è concentrato sulla violenza sessuale, reato contestato al dottor Alfredo Sbrana, (difeso dall’avvocato Giulia Padovani), già direttore del reparto di psichiatria dell’Asl a Pisa e della Rems di Volterra.
Tutta l’indagine parte da quelle prime intercettazioni telefoniche nella quali gli inquirenti captano – ha ricordato il pm – alcune telefonate del dottor Sbrana. Il medico parla con una ragazza molto giovane che si scoprirà essere una sua paziente. Poi, di telefonata in telefonata, si scoprirà anche che quella giovane aveva con il proprio psichiatra una relazione per l’accusa, condita di psicofarmaci, sesso e telefonate erotiche. Una storia andata avanti anni. Buona parte di questa, appunto, "intercettata" e che, secondo gli inquirenti, si è consumata in costanza di un rapporto medico-paziente poimesso sotto la lente. Il teorema accusatorio poggia su un punto chiave: le patologie di cui era affetta la presunta vittima e le assunzioni di farmaci, avrebbero inciso sulla libertà della donna, ritenuta incapace di assumere un atteggiamento critico delle situazioni. Anche del rapporto con Sbrana. Il pm ha snocciolato al collegio consulenze e valutazioni di periti sulla persona offesa, ponendole in relazione alle condotte che avrebbe tenuto l’imputato che la curava e le prescriveva una vasta gamma di farmaci.
Medico che la giovane ha sempre difeso: "una persona offesa – ha detto il pm – che non si rende conto di essere tale". Difende il medico che la curava e che la faceva stare bene, quindi, e che allo stesso tempo sentiva al telefono in conversazioni che sfociavano nel sesso. Una sovrapposizione di ruoli nella quale, secondo l’accusa, il professionista avrebbe abusato della sua posizione e del suo ruolo. E lei, senza amici e fidanzato ed affetta da patologie, avrebbe avuto in Sbrana l’unico punto di riferimento. Mentre lui avrebbe continuato a fare le prescrizioni anche quando lei era seguita da altri. Un quadro alla luce del quale il pm ha ritenuto configurato il reato contestato chiedendo la condanna a 7 anni di reclusione.