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Trapianti di pancreas, 25 anni di record

Nel 1996 il primo intervento. Da allora tanti successi. Il centro di Pisa indicato dalla Società scientifica come modello per tutto il mondo

di Gabriele Masiero

PISA

Venticinque anni fa, era il 2 maggio 1996, a Pisa si eseguiva il primo trapianto combinato simultaneo di pancreas e rene da donatore cadavere in Toscana. Quel primato è stato l’inizio di una storia di successo, suggellata oggi a livello mondiale da un editoriale della rivista scientifica Transplantation, organo ufficiale della Transplantation Society, la società scientifica che raggruppa chi si occupa di trapianti in tutto il mondo, che consacra il centro trapianti pisano Pisa, diretto da Ugo Boggi, come punto di riferimento assoluto mondiale e avanguardia per attività e risultati nei trapianti di pancreas. Del resto, Pisa, in questo quarto di secolo, ha scritto davvero la storia: è di oltre dieci anni fa (settembre 2010) il primo trapianto robotico di pancreas al mondo utilizzando il robot da Vinci e nel 2019 ha addirittura redatto le linee guida mondiali per il trapianto di pancreas.

Professore se lo ricorda il primo trapianto?

"Certo, fu un trapianto di pancreas insieme a uno di rene, in un paziente con diabete e insufficienza renale. Lo facemmo a Pisa perché qui c’erano una diabetologia di grande spessore e diretta in modo illuminato, una nefrologia molto importante (la maggior parte dei pazienti che hanno bisogno di un trapianto di pancreas necessitano anche di uno di rene), una grande chirurgia e c’era stata un’esperienza sperimentale di trapianto di pancreas partita nel 1966 e l’esperienza del trapianto di rene fin dal 1972. Ma c’era soprattutto lo spirito di esplorare e continuare a offrire ai cittadini l’eccellenza vera, quella che fa di un ospedale un punto di riferimento nazionale e internazionale".

Tre anni dopo quell’esperienza sporadica e occasionale è diventata sistematica.

"Sì nel 1999 e i numeri sono cresciuti rapidamente. Nel 2004 abbiamo fatto 45 trapianti di pancreas. Tutto il resto d’Italia in quell’anno ne fece 39. Oggi abbiamo eseguito oltre 400 trapianti di pancreas risultando il primo centro italiano per numero di interventi eseguiti e soprattutto centro di riferimento nazionale per tutti i casi complessi. Abbiamo trapiantato anche pazienti stranieri che pur dovendo provvedere in prima persona a coprire le spese del trapianto (perché non coperte dal sistema sanitario nazionale) hanno scelto di essere operati a Pisa anziché in Francia, Inghilterra o altrove".

La corsa poi però ha iniziato a rallentare. Perché?

"Negli ultimi 10 anni il numero dei trapianti di pancreas si è ridotto in tutto il mondo per il progressivo ‘invecchiamento’ dei donatori deceduti. Il trapianto di pancreas richiede donatori giovani. Ma alla crescita tecnica si è associata quella culturale. Abbiamo pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali e abbiamo guadagnato una grande credibilità a livello mondiale".

E siete diventati una scuola. "Diciamo di sì. Nel 2004 abbiamo descritto la tecnica per il prelievo di pancreas che oggi nel mondo è considerata lo standard di riferimento. Idem per la tecnica di trapianto, che abbiamo descritto nel 2005. Siamo stati i promotori del percorso che nel 2012 ha portato alla promulgazione della legge che consente il trapianto di parte di pancreas da donatore vivente in Italia".

Quali sono le sfide future? "L’alternativa più ovvia al trapianto di pancreas è il trapianto selettivo delle cellule che producono l’insulina (le isole di Langerhans). Abbiamo già eseguito diversi interventi di questo tipo grazie alla competenza di Piero Marchetti, diabetologo di fama mondiale. Attualmente il laboratorio dell’Aoup dove vengono preparate queste cellule non è agibile e quindi dobbiamo rivolgerci al laboratorio dell’Università di Ginevra. Abbiamo però un progetto per costruire, spero a breve, un nuovo laboratorio a Pisa. E’ molto importante, anche per il resto della Toscana. E poi vogliamo iniziare l’attività di trapianto di utero per consentire una gravidanza a una donna che non possa concepire per problemi legati all’utero. Abbiamo in corso la richiesta di autorizzazione per l’inizio dell’attività".