Pisa, 12 giugno 2016 - Un secolo fa tra i vicoli di Pisa c’era una certa vivacità. Anarchica, ma frizzante. Come ci racconta Athos Bigongiali in «Una città proletaria», da poco ripubblicato, dopo il successo di 27 anni fa con Sellerio, da Mds Editrice. Le storie raccontate da Evening descrivono la terza città industriale italiana, pervasa da fermenti politici e sociali. I protagonisti sono vetturini, artigiani, operai, ferrovieri, e falegnami. Tutti impegnati a ricercare i propri diritti a far valere i propri ideali. E, in fondo, a dare un’anima a questa città. Oggi, cent’anni dopo, quella vivacità sembra perduta. E’ vero ormai da decenni non siamo più la terza città industriale. E, a ben guardare, nemmeno la centesima. Il problema è che, forse, non sappiamo neanche più cosa siamo. Una città turistica? Una città culturale? Una città sportiva? Una città dell’innovazione? Tante identità, nessuna identità. Il rischio è proprio questo. La scorsa settimana, su queste colonne, a lanciare un serio allarme è stato il professor Ugo Boggi. Un campanello, quello del mago dei trapianti, da non lasciar cadere nel vuoto. In questo momento le nostre più grandi industrie sono l’Università e l’ospedale. E vanno difese. La razionalizzazione imposta dalla necessità di una diversa allocazione delle risorse pubbliche potrebbe, infatti, mettere a rischio il riconoscimento di centro di primo livello che spetta attualmente al nostro Policlinico. E tutto, in nome, di una supposta efficienza e di un serpeggiante populismo. Già perché dietro a slogan accattivanti, come open acces, sbandierato per abbattere le liste d’attesa, infatti, si cela il rischio concreto di mutare irrimediabilmente la natura attuale del nostro ospedale. Se dovessimo dirottare le risorse tecniche e umane, in termini di medici infermieri e tecnici, su ecografie di primo livello con indicazioni generiche o su RM e TC per artrosi o lombalgie, tralasceremmo inevitabilmente tutti quegli esami preoperatori e di stadiazione, irrinunciabili in ogni branca, ma ancor più nel caso dei trapianti e della chirurgia oncologica. Paralizzando, così, visto che è impensabile, date le risorse economiche, procedere ad assunzioni in blocco di medici, tecnici ed infermieri, quell’attività nei trapianti che ci colloca ai vertici regionali e nazionali. Magari a vantaggio di altre realtà toscane. Un tema che, forse,nella settimana in cui la nostra Università conoscerà il nome del nuovo rettore, è bene cominciare a mettere in agenda. Perché quando dovessimo perdere anche queste eccellenze sarà difficile spiegare ai nostri giovani quale futuro ci possa essere per loro in questa città. In fondo ritrovare un po’ di quella vivacità descritta da Bigongiali, ci potrebbe aiutare ad animare le idee e la progettualità di una Pisa del terzo millennio. Buona domenica.