
Uno studio sul tartaro dei denti in resti umani di 4.700 anni fa ha permesso di identificare un virus umano, sinora sconosciuto, collegato ai tumori mammari. La scoperta si deve a una ricerca ideata e coordinata da Generoso Bevilacqua, già professore di Anatomia Patologica nell’Università di Pisa, attualmente docente nel Dottorato di Ricerca in Scienze Cliniche e Traslazionali e direttore della medicina di laboratorio della Casa di Cura San Rossore di Pisa. Lo studio si è avvalso della collaborazione di Gino Fornaciari, già professore di Storia della Medicina a Pisa e padre della Paleopatologia, e di quella di Enzo Tramontano, professore di Virologia a Cagliari.
"Le tracce molecolari di un betaretrovirus – spiega il professor Generoso Bevilacqua – sono state cercate nel tartaro di 36 individui vissuti fra il 2700 a.C. e il XVII secolo d.C., e sono state trovate in ben sei di essi, due appartenenti all’età del Rame e quattro al periodo fra il VI e il XVII d.C. I casi positivi provengono dalla Toscana (uno dalla Cappella Guinigi di Lucca), dalla Sardegna e dalla Liguria". "Questo – prosegue - è il primo betaretrovirus indentificato nella specie umana ed è molto simile all’MMTV, il Mouse Mammary Tumor Virus (virus della mammella del topo), causa dei tumori della mammella del topo".
"La notevole somiglianza fra le neoplasie mammarie del topo e quelle della donna – spiega Bevilacqua – sin dagli anni ’70 ha suggerito che l’MMTV potesse essere la causa anche dei tumori umani. Le metodiche di genetica molecolare hanno dimostrato la presenza di sequenze dell’MMTV nel 40% di neoplasia della donna". Lo studio sul tartaro di individui antichi è stato suggerito dal fatto che la presenza dell’MMTV è stata trovata nella saliva non solo delle pazienti, ma anche della popolazione sana. Questo dato ha portato gli studiosi a pensare che non si fosse più in presenza del virus del topo, bensì di un virus a questo molto simile, ma umano. Trovare le sequenze virali in individui antichi ne sarebbe stata la prova. Poiché il tartaro è un prodotto della saliva lo studio lo ha usato per questa dimostrazione; oltretutto il tartaro è ben abbondante sui denti antichi.
La scoperta aprirebbe secondo gli estensori di questa nuova scoperta, "alla possibilità di un vaccino, come è accaduto per l’HPV e il cancro del collo dell’utero". Allo studio hanno lavorato molti ricercatori, come Nicole Grandi di Cagliari, Chiara Mazzanti, Francesca Lessi e Paolo Aretini della Fondazione Pisana per la Scienza, Prospero Civita dell’Università di Pisa. Allo studio antropologico hanno collaborato il professor Pasquale Bandiera dell’Università di Sassari e del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, i professori Giuseppe Naccarato e Valentina Giuffra e i dottori Cristian Scatena e Antonio Fornaciari.
Eleonora Mancini