di Antonia Casini
Un solo colpo mortale. Si è tenuta ieri l’autopsia sul corpo di Ilyes Amri, il 27enne tunisino rimasto ucciso a coltellate durante una rissa il 5 sera sotto i portici, davanti alle Poste di piazza Vittorio Emanuele. A mettere fine alla vita del giovane, che lavorava nel campo dell’edilizia, è stata una coltellata inferta con un coltello, non ritrovato, ma che dalle immagini delle telecamere sembra essere da cucina. Chi lo ha sferrato? Il georgiano di 32 anni Shota Javshanashvili in carcere (in un primo momento è stato escluso)? O il connazionale che ancora ricercato? Amri ha ricevuto però più colpi nel complesso, non uno solo, durante una rissa durata più minuti dove sono volati anche cazzotti e cocci di bottiglia. Rissa ripresa dalle telecamere della zona. Sarebbero stati diversi i partecipanti sia tra i tunisini sia tra i georgiani.
Le indagini. Ora i carabinieri, oltre a esaminare i cellulari e le immagini della videosorveglianza, stanno passando al setaccio proprio la comunità georgiana a Pisa. Sono stati a casa anche del secondo sospettato nei giorni scorsi dove però hanno trovato soltanto la moglie e il figlio. Lui non c’era.
La famiglia di Amri, che si è rivolta all’avvocato Gabriele Dell’Unto, sostiene che Ilyes si sia intromesso proprio fra più persone per tranquillizzare gli animi e solo allora sia stato coinvolto.
L’esame autoptico è stato eseguito collegialmente (dal dottor Andrea Scatena e dal professor Marco Di Paolo), seguiranno gli esami tossicologici.
Una delle ipotesi sulle cause della lite è che si sia trattato di una vendita di stupefacente non andata a buon fine. I testimoni parlano di più persone coinvolte fra tunisini e georgiani. C’è infatti anche un terzo indagato, sempre un georgiano, indagato solo per rissa.
Ma perché sarebbe stato preso di mira proprio Amri? I protagonisti si conoscevano tra loro? I due georgiani sentiti, Shota (difeso dall’avvocato Gian Filippo Catarsi ) e l’altro indagato a piede libero, sostengono di no.