
I dazi restano al centro delle attenzioni dell’agenda Trump. E intorno c’è un modo che trema. I timori sono diffusi,...
I dazi restano al centro delle attenzioni dell’agenda Trump. E intorno c’è un modo che trema. I timori sono diffusi, e arrivano anche sul nostro territorio dove insiste uno dei distretti italiani più importanti nella filiera della moda: il distretto di Santa croce sull’Arno, con le concerie, i calzaturifici, le pelletterie e tutta la galassia dell’indotto. L’annuncio di nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump potrebbe avere un impatto significativo sulle imprese. Per ora siamo alle parole. Ma siamo anche davanti ad un settore – quello della moda – che soffre da mesi e mesi, e che si è appena lasciato alle spalle un 2024 davvero difficile e carico di incognite.
"I dazi di Trump sarebbero un problema in più", dice Michele Matteoli, presidente del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola. L’imposizione di dazi addizionali, ventilati dal nuovo presidente
Usa, farebbe calare le nostre esportazioni verso gli Usa. E quel mercato, anche per il mondo della moda, è importante per
il nostro Paese e per il distretto delle pelle.
"Le concerie verrebbero colpite di riflesso – spiega Matteoli – perché più che la pelle, probabilmente, andrebbero a colpire il prodotto finito come pelletteria e calzature. Ma è chiaro questo si rifletterebbe anche sul nostro lavoro e il momento, a causa di ben note e ulteriori criticità, è dei peggiori". Il quadro della filiera della moda e del mondo conciario resta preoccupante. "Siamo entrati nel 2025 portandoci dietro tutti i problemi con cui abbiamo chiuso un anno difficilissimo – aggiunge Matteoli –. Se qualche piccolo movimento si è manifestato, si è anche già spento. E c’è bisogno di sostegni a tutti i livelli, il settore è in forte difficoltà. In questo momento ci sentiamo soli davanti ad una crisi importante e sulla quale, ad oggi, non vediamo soluzioni almeno per questa stagione". Le aziende hanno bisogno di un più facile accesso alla liquidità, serve la garanzia degli ammortizzatori sociali con l’azzeramento dei contatori, c’è bisogno di supporto ai distretti. Qualcosa è stato fatto. Ma serve di più.
"Nel comparto la preoccupazione è tangibile – ammette Matteoli –. In questo momento la crisi in atto preoccupa più di Trump. Tutti consapevoli che il mercato americano è strategico
e che, comunque, anche i dazi sarebbero una tegola". Incognite, queste, che arrivano proprio mentre la pelle è entrate nel vivo della stagione fieristica. Il network Lineapelle ha fatto tappa a Londra e a New York: esponendo quindi i campionari sul mercato americano, determinante per il Made in Italy e da poco con un nuovo presidente a cui tutto il mondo guarda per capire come potrebbero cambiare una lunga serie di equilibri economici e geopolitici. Ora Lineapelle si sposta a Milano, per un salone internazionale dal quale gli imprenditori aspettano risposte. E anche le calzature e la pelleteria, proprio a Milano, sono alla prova delle rispettive fiere, Micam e Mipel.
Il tutto mentre sulla crisi, aleggia lo spauracchio dei dazi. Per le aziende che esportano negli Usa l’aumento dei dazi potrebbe tradursi in prezzi più elevati per i consumatori americani, riducendo la domanda di prodotti Made in Italy. Inoltre, le piccole e medie imprese locali potrebbero trovarsi costrette ad assorbire parte dei costi aggiuntivi, comprimendo i margini di profitto. Questo non farebbe altro che acuire le già grandi difficoltà.
Carlo Baroni