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Una vita appesa all’altra: il timore di giudicare. Il racconto di una madre

Come si chiama, di cosa si occupa? "Mi chiamo Annalisa e sono architetto". Quale è il rapporto che ha con le sue...

Il fiocchetto lilla, simbolo della giornata dedicata, il 15 marzo

Il fiocchetto lilla, simbolo della giornata dedicata, il 15 marzo

Come si chiama, di cosa si occupa?

"Mi chiamo Annalisa e sono architetto".

Quale è il rapporto che ha con le sue figlie?

"Ho un buon rapporto con tutte e due e riusciamo a divertirci. Mia figlia maggiore Giulia, che ora ha trent’anni, quando ne aveva 16 si è ammalata di anoressia: l’adolescenza è un momento problematico perché si cresce e possono sorgere dei contrasti. La malattia si è frapposta tra noi e c’è stata una chiusura perché l’anoressia le impediva di relazionarsi con chiunque".

Quando si è resa conto che sua figlia aveva un DCA?

"Me ne sono resa conto presto, lei ha da subito manifestato questo disagio con il cibo e con le relazioni".

Cosa ha fatto per aiutarla?

"Le sono stata vicina, l’ho sostenuta, io e mio marito ci siamo fatti aiutare dagli specialisti perché non si può pretendere che una persona cambi se non siamo noi i primi a metterci in gioco. La parte dei genitori è di aiutarla nel modo migliore senza farla sentire in colpa e sbagliata".

Ha mai avuto paura che sua figlia non potesse guarire?

"Sì, all’inizio, ero spaventata e non conoscevo bene la malattia".

Quali comportamenti aveva?

"Giulia aveva smesso di studiare, di concentrarsi, di uscire con le amiche. Aveva atteggiamenti non logici. Stava sempre in piedi: metteva la sveglia e rimaneva in piedi, per l’ossessione di perdere peso".

Mai pensato che fosse colpa sua?

"Tante volte. Lei me l’ha pure detto che non si è mai sentita accettata".

Un momento simbolo del percorso di guarigione?

"Un giorno è tornata a casa e mi ha abbracciata dopo cinque anni che non lo faceva".