di Maria Cristina Capaccioli
Uno strumento che fa distinguere la veglia dal sonno, ma che ha anche molto da dire su patologie come Alzheimer, Parkinson ed epilessia e che da 100 anni è di supporto nelle diagnosi. Oggi all’istituto di fisiologia dell’Università una giornata dedicata ai cento anni dal primo elettroencefalogramma, per fare il punto sui potenziamenti dello strumento utilizzato da medici e tecnici. "Le aspettative sono sempre più alte - dice Enrica Bonanni, esperta in neurofisiopatologia - In tutte le patologie l’Eeg ha un ruolo fondamentale. Nel caso dell’epilessia è l’unica metodica che ci fa vedere, tramite le punte del tracciato, le abnormi irritazioni dei neuroni celebrali; nel caso della demenza registra un rallentamento notevole durante la veglia e la perdita delle onde del sonno che testimoniano un colloquio fra la corteccia e le strutture più profonde e che servono a modellare la memoria; nel Parkinson rileva un sonno frammentato che non consente al soggetto di essere in forma il giorno successivo. I neurochirurghi, infine, lo usano per monitorare come procede un intervento".
Il congresso vede riunirsi gli studiosi pisani del sonno assieme a maestri di Toscana, Umbria e Marche, fra cui anche Luigi Murri, e molti giovani che intervengono su come si stia sviluppando l’Eeg ultimamente. Fra gli interventi anche una lettura magistrale di Angelo Gemignani, direttore del dipartimento di neuroscienze di Aoup che si concentrerà "sul futuro, figlio di quello che abbiamo fatto ieri e stiamo facendo oggi - spiega il professore. E aggiunge - Lo strumento in futuro evolverà e si sfrutteranno dei micro impianti sottocutanei che con l’intelligenza artificiale permetteranno una stimolazione celebrale specifica. Oggi, durante il mio intervento, mi concentro sul sogno dei sogni di chi studia encefalografia: ci sono dati che riportano le zone che si attivano quando sogniamo volti cari ad esempio. L’Eeg ci può aiutare a definire la qualità di quello che sta pensando o provando una persona e tramite un’indagine della qualità potremmo dunque anche provare a ricostruire i contenuti dell’attività onirica".
Oltre a questo, sul tavolo anche l’interessante cambio del segnale elettroencefalografico nel momento della morte: "perchè dati hanno rilevato - conclude Gemignani - che poco prima di morire il quadro di sincronizzazione celebrale è simile a quello che rileviamo durante la veglia per fenomeni allucinatori o fenomeni di uscita dal corpo".