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Il professor Pierluigi Consorti
La città e il ricordo di quel 23 febbraio 2024. Pierluigi Consorti è docente a Scienze per la pace e vice coordinatore nazionale del dottorato Peace Studies. Professore, un anno dal caso manganelli a Pisa che finì sui media nazionali, ieri si sono svolte due manifestazioni con circa 200 partecipanti. La città ha dimenticato? "La pubblica opinione tende a dimenticare. Sappiamo bene quanto è importante ricordare e mantenere la memoria soprattutto delle cose brutte che vorremmo non succedessero. Però c’è una difficoltà concreta con cui bisogna fare i conti: anche la memoria va allenata. Peraltro, la vicenda dei manganelli a Pisa è tuttora controversa e questa “memoria divisa” può anche essere una ragione della scarsa partecipazione. Qualcuno potrebbe avere avuto paura, altri magari non credono sia opportuno manifestare".
Com’è cambiata la percezione della violenza con i social? "La violenza sembra essere tornata di casa anche fuori dai social. Corriamo il rischio di abituarci alla violenza. L’aria di guerra e di prepotenza che respiriamo non è priva di conseguenze. Le relazioni sociali si stanno facendo più violente: pensiamo ai pronto soccorso, ai genitori che aggrediscono i docenti, alle bande che si affrontano per strada. Sono fenomeni metropolitani che si affacciano anche in provincia e anche da noi. I social sono anche più pericolosi in quanto le relazioni sembrano essere meno strette, e quindi ci vuole meno coraggio a mostrarsi violenti. I “leoni da tastiera” trovano meno ostacoli a mostrarsi violenti anche per strada".
Come poter riconciliare i cittadini con le istituzioni dopo episodi come questi? "I manganelli dello scorso anno esprimono una violenza specifica. Va detto che in linea di principio la polizia usa legittimamente la forza di cui dispone. Si chiamano “forze di polizia” proprio per questo e con la forza di cui dispongono proteggono dalla violenza dei delinquenti. E’ bene che lo Stato mantenga il monopolio dell’uso della forza. La vicenda di Pisa è però controversa in quanto la polizia è stata accusata di aver usato la forza in modo inutilmente violento. Perfino Mattarella intervenne perché sa bene che se le istituzioni si mostrano inutilmente prepotenti, perdono fiducia. La loro forza è data dalla buona reputazione di cui godono, dall’affidamento che si può avere nei loro confronti, e non certo dalla paura che incutono. Chi sbaglia invece di difendersi dovrebbe avere il coraggio di chiedere scusa. C’è ancora bisogno di lavorare in questo senso. Talvolta si ha l’impressione che la prepotenza sia più efficace della giustizia. Anche Trump e Putin sembrano convinti di questo. C’è molto da lavorare".