La storia, se così si può dire, non ci insegna mai abbastanza. Sono passati dieci anni dalla morte di Zakir Hossain, il cameriere bengalese ucciso dieci anni fa, era il 13 aprile 2014, senza un perché. Fu il cazzotto datogli a caso da un giovane tunisino ad ammazzarlo. Lui era appena uscito dal ristorante dove lavorava a due passi da Corso Italia e quel colpo al volto gli fece sbattere la testa al muro, uccidendolo. E la sua storia, pur con risvolti assai più drammatici, richiama alla mente la folle violenza delle ultime settimane in piazza Dante ai danni di giovani e giovanissimi. A colpirlo fu un giovane allora ventottenne, Hamza Hamrouni, condannato a 17 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale con sentenza passata in giudicato. Eppure Hamza, che aveva parenti a Cascina, non ha mai pagato per la sua colpa. Fuggì in Tunisia pochi giorni dopo il delitto e da allora la giustizia italiana non è mai riuscita a fargli scontare la pena, né in Italia, né nel suo Paese. Lunedì in consiglio comunale, è stato il capogruppo di Fratelli d’Italia, Maurizio Nerini, a ricordare la storia di Zakiìr nella ricorrenza dei dieci anni dall’apposizione di una targa in sua memoria il 27 novembre 2014 in occasione della Festa della Toscana.
"Partecipai alla triste cerimonia - ha ricordato Nerini - dove le parole dalle istituzioni furono: ‘Pisa è sempre stata una città dell’accoglienza che, per essere realmente tale, deve ovviamente essere guidata e accompagnata da regole certe e precise. Che, però, devono valere per tutti’. Bene faccio di nuovo mie quelle parole’". Nei radar degli investigatori pisani oggi c’è un gruppetto di poco più che adolescenti, probabilmente di origine, straniera che da settimane semina il panico tra i minorenni che frequentano piazza Dante, uno dei luoghi della movida cittadina. L’ultimo episodio risale a sabato scorso quando a essere pestato è stato un quindicenne, pochi giorni dopo la brutale aggressione di cui fu vittima il barista diciottenne Zack, in seguito alla quale si è diffusa una presa di coscienza collettiva. Ora come allora la violenza esplode senza un perché, quasi fosse un gioco stendere qualcuno a terra con il naso spaccato.
"La violenza non è mai giustificabile - dice l’avvocato Giovanni Frullano, che dieci anni fa difese la famiglia di Hossain - e lo è tanto di più quando essa è mossa da motivi futili. Il dramma di Zakir me lo ricordo bene e colpì tutta la nostra comunità". Allora il moto di solidarietà fu unanime e l’intuizione giuslavoristica dello stesso Frullano ha consentito ai parenti di Hossain, che vivevano in Bangladesh grazie al solo stipendio di Zakir, di vivere una vita dignitosa nonostante tutto: il legale fece riconoscere che la morte del cameriere poteva essere frutto di quello che si chiamava un infortunio sul lavoro in itinere (stava tornando a casa dopo il suo turno al ristorante) ottenendo così dall’Inail il versamento di un robusto assegno vitalizio per la moglie e i quattro figli che hanno permesso, comunque, a Zakir di garantire la sopravvivenza della sua famiglia.