
La giornata di approfondimento promossa dalla Fiaso dedicata alla memoria di Barbara. Capovani. Pronto soccorso e reparti psichiatrici i luoghi dove il personale rischia di più.
di Mario FerrariPISAIl numero delle aggressioni negli ospedali è in crescita e bisogna curare la fiducia tra cittadini e sistema sanitario nazionale. È il messaggio che ha mandato da Pisa la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) per la Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari. Una mattinata di eventi, realizzati in collaborazione con la Società italiana di Medicina di emergenza-urgenza, che è stata dedicata a Barbara Capovani e che è servita per fare un’analisi del problema che, purtroppo, la nostra città conosce bene.
I dati di Aoup sulle denunce parlano chiaro: nel 2024 sono state 59 le violenze che hanno coinvolto ben 106 operatori sanitari. Numeri discordanti rispetto al 2023, dove gli eventi denunciati sono stati 64 e le persone coinvolte 82, ma che sono dovuti alla scelta, oggi sempre più comune, di non denunciare un fenomeno ormai incontrollabile. Secondo Fiaso infatti, "le violenze in corsia sono in crescita esponenziale" e nel 2024 sono passate da 6.175 casi a 6.514, un aumento del 5,5%. Mediamente l’anno scorso ogni azienda sanitaria ha avuto 116 violenze, una ogni tre giorni. Numeri che sono molto più alti nelle Asl (152 casi), negli istituti di ricovero (111) e a seguire nelle aziende ospedaliere (47) e che hanno una divisione geografica netta: 144 al Nord, 107 al Centro, 27 al Sud. Andando a osservare il dettaglio, dominano le aggressioni verbali, che costituiscono il 69% delle violenze, mentre quelle fisiche restano comunque al 31%, una ogni tre. Fortunatamente, il 76% delle violenze non ha esiti preoccupanti, ma una su quattro (il 24%) causa invece danni e porta, nel 57% dei casi, a denunce. Inoltre, una piccola ma non indifferente parte delle aggressioni al personale sanitario ha esiti psicologici importanti (il 7%) o porta all’interruzione dell’attività ospedaliere (il 5%). Indagando la mappa dei reparti più colpiti, non sorprende che l’80% delle violenze avvenga al pronto soccorso, il 64% in psichiatria e il 21% ambulatori. Seguono fuori dal podio medicina penitenziaria, generale e la degenza, dove avviene il 14% delle aggressioni; il serd o sert (11%); il cup e il 118 (5%); e chiudono diagnostica, veterinaria, geriatria e igiene (4%). Oltre alla fotografia del problema, la mattinata è stata dedicata a un’analisi delle papabili soluzioni, possibilmente attraverso una ricostruzione della fiducia tra cittadini e personale sanitario.
"Dobbiamo rimediare alla situazione di difficoltà dei rapporti tra utenti e personale sanitario - ha commentato Silvia Briani, direttrice dell’Aoup - perché è il solo modo con cui si ricostruisce la fiducia dei cittadini nei medici e si rende più operativa la relazione con le istituzioni sanitarie". Ma il dibattito non è rimasto soltanto legato al mondo della medicina. Anche le autorità cittadine hanno portato il loro saluto e la loro dichiarazione di intenti. "Il protocollo sanitario reprime le aggressioni ma senza un intervento culturale non si risolve il problema - ha detto il prefetto di Pisa Maria Luisa D’Alessandro -. Inoltre, vanno garantiti più servizi: in Toscana sono aumentate del 46% le richieste di prestazione, il personale invece è ridotto".
A lei ha fatto eco l’assessore Giovanna Bonanno che ha ribadito "l’impegno dell’amministrazione pisana per garantire la massima tutelare il lavoro degli operatori e i servizi ai cittadini". Durante la mattinata c’è stato anche l’intervento della rettrice della Scuola Sant’Anna Sabina Nuti, che ha spiegato quanto la comunicazione può potenziare il rapporto tra sistema sanitario e pazienti. "Tutto il personale del ssn deve parlare con le persone per rassicurarle. Lo ha dimostrato la pandemia: senza comunicazione non c’è fiducia. Un problema serio perché, secondo i dati, la maggioranza degli operatori del sistema sanitario non ha preso parte ai corsi di potenziamento della comunicazione". La rettrice ha anche aggiunto che la percezione del lavoro di squadra è importantissima. "C’è troppa tendenza all’individualismo tra i medici e anche tra gli infermieri e non fa bene ai pazienti, bisogna migliorare - conclude - la sinergia e il lavoro di squadra tra il personale sanitario: può sembrare poco ma è percezione che conta tantissimo per la sicurezza in corsia".