La corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del giudice di Pisa: assolti perché il fatto non sussiste. Si è concluso cosi il processo di secondo grado per la morte di Giuseppe Ferrandes. Era il 24 aprile 2015 e il 56enne residente a Viareggio, titolare dell’omonima impresa di pulizie, al lavoro quel giorno nel cantiere Seven Stars Marine & Shipyard Srl, fece un volo dagli esiti fatali da un’altezza di 4,62 metri per schiantarsi a terra: la morte, per la gravi lesioni, arrivò pochi giorni dopo il 30 aprile. L’istruttoria di primo grado aveva messo sotto la lente la dinamica e da dove il 56enne fosse precipitato: se dalla barca sulla quale aveva terminato il lavoro, o da una scala esterna da lui stesso presa e autonomamente posizionata.
Questo il passaggio chiave che fu al centro del processo nel quale la famiglia, già risarcita, non era costituita parte civile. A processo per omicidio colposo erano finiti Davide Mugnaini, 61 anni di Viareggio (difeso dagli avvocati Riccardo Carloni ed Enrico Marzaduri) e Roberto Guarducci, 54 anni, origini pratesi (assistito dagli avvocati Federico Febbo e Costanza Malerba), il primo amministratore unico della “Seven Stars”, e il secondo responsabile del controllo e del coordinamento delle gestione delle commesse. Il giudice Iadaresta di Pisa li assolse entrambi, non rilevando responsabilità penali nella drammatica vicenda. Pronunciamento, appunto, confermato in appello, dopo aver disposto anche una perizia.
Fondamentale, per il giudice pisano, fu Ia posizione del corpo lì dove era stato trovato: "Non è compatibile – scriveva motivando la sentenza – con Ia caduta dal camminamento della barca: se fosse precipitato in questo modo, il corpo e le tracce ematiche avrebbero dovuto essere sotto Ia chiglia". Inoltre, "le lesioni riscontrate sulla vittima sono risultate peratro compatibili con una caduta da un’altezza inferiore a quella della nave e del bottazzo". All’esito del processo e dell’istruttoria per il giudice pisano apparve "assai improbabile" che Ia vittima fosse caduta dal bordo della nave ritenendo "più verosimile la caduta dalla scala". Ma soprattutto, per lo stesso giudice, il nesso causale individuato dalla pubblica accusa "non è stato provato oltre ogni ragionevole dubbio". Ora ci sarà da attendere le motivazione con le quali la corte d’appello conferma la prima sentenza.
Carlo Baroni