«Credo che cose del genere, in uno stadio, non si siano più viste se non in qualche partita delle serie inferiori sudamericane: uno spettacolo di cui non c'è proprio nulla di cui andare fieri». Roberto Balestri c'era quel 30 marzo 1959 all'Arena Garibaldi, un domenica di Primavera che di primaverile non aveva un bel nulla: «Una giornata da lupi, vento e acqua con un campo che è pantano» ricorda il giornalista Renzo Castelli ne “Il sogno nerazzurro”. Siamo intorno al ventesimo della ripresa della 28esima giornata del girone A di serie C e in campo il Livorno è in vantaggio di due reti grazie ad una doppietta del bomber Mungai in chiusura della prima frazione, quando qualcuno apre volontariamente i tombini sotto la gradinata e completa l'opera: un'ampia porzione del manto erboso è completamente allagato, per l'arbitro Liverani di Torino, un internazionale, non si può più giocare. Finisce la partita e comincia la rissa, sugli spalti e stavolta anche in campo. «Si picchiavano tutti, tranne il sottoscritto del Pisa e Armando Picchi del Livorno, i due capitani» ricorda scuotendo la testa Balestri, 84 anni, una carriera più che decorosa da calciatore e decisamente importante da tecnico con tanto di promozione in A sulla panchina del Foggia e tanti anni da collaboratore delle nazionali Under 19 e Under 21 guidate da Tardelli, Gentile e Luca Giannini. Un uomo di calcio, che al pallone ha dedicato gran parte della propria vita e che quel pomeriggio si ritrovò, suo malgrado testimone in prima fila di una vicenda che con lo sport aveva poco a che spartire. Ma il derby è anche questo, qualcosa che spesso va oltre, nel bene e nel male. E quella volta accade. «Forse commise un'ingenuità anche l'arbitro – dice l'ex nerazzurro -che andò a verificare il rimbalzo del pallone proprio nel punto che era stato allagato, ma ciò che avvenne dopo fu semplicemente incredibile».
La furia dei livornesi, che accusarono comprensibilmente il Pisa di comportamento antisportivo, andò a cozzare contro l'orgoglio dei pisani. Il risultato fu una gazzarra più unica che rara su un campo di calcio, con diverse persone, sugli spalti e in campo, costrette a ricorrere alle cure dell'ospedale: «La peggio la ebbe l'allenatore nerazzurro Mannocci, che rimediò una frattura del setto nasale e poi ci fu una lunga coda giudiziaria con tanti rinvii a giudizio». Castelli, che nei suoi libri ha ricostruito la vicenda, ne ha contati ben quattordici. La decisione, però, non mutò: partita rinviata al giorno successivo, sempre all'Arena Garibaldi. Stavolta finì 1-1 (reti di Gratton per gli amaranto e Beretta per i nerazzurri). «”Mica vorrai ricominciare da capo?” Dissi a Picchi subito dopo un suo intervento durissimo nei miei confronti, nei primi minuti di gioco – racconta Balestri -: “No Moro (soprannome di Balestri ndr), mi rispose, abbiamo già dato ieri”. Ci sorridemmo e la partita, stavolta, si chiuse regolarmente».