
Foto dedica di Pieraccioni ai tempi di "Ti amo in tutte le lingue del mondo"
Pistoia, 23 maggio 2019 - “Caro Istituto, se ripenso al giorno in cui, per la prima volta, varcai la tua soglia, mi sembra impossibile doverti dire addio. Ho trascorso con te i migliori anni della mia vita; tu sei stato testimone delle mie gioie, dei miei dolori e delle mie ansie: tu mi ha visto piangere disperatamente su un rapporto, mi ha vista ridere, nascosta dietro una fila di libri, alle spalle di qualche compagno o anche di qualche professore; ed ora, che sono in quinta, e che devo dirti addio, sento tanta tristezza, come se dovessi separarmi da un caro vecchio amico. Addio Istituto! Ti ricorderò sempre come il più caro amico della mia giovinezza”. Recita così la lettera di Anna Bona Bardelli pubblicata sullo Zibaldino del 1954, numero unico scritto dagli studenti dell’Istituto Pacini. Ma è così che potrebbero recitare le altre cento, mille lettere che un qualsiasi studente passato da lì potrebbe indirizzare al suo “caro Istituto”.
Propone un viaggio dagli anni Trenta ai (quasi) giorni nostri la mostra allestita nella ex chiesa di San Giovanni Battista a ripercorrere i cento anni dell’Itcs Pacini. Un viaggio che parte da ricordi sbiaditi in bianco e nero e che celebra i successi di una scuola attraverso lo sport, il teatro, i talenti e le eccellenze che si sono sedute dietro ai banchi, fino ad arrivare alla nascita della onlus “Noi del Pacini”, oggi organizzatrice di questo percorso all’indietro nel tempo, visitabile ancora nei giorni di venerdì, (18-22) sabato (10-13 e 18-22) e domenica (11-13 e 18-22). Numerosa e appassionante la sezione con le foto di classe, come anche quella che raccoglie i quotidiani usciti negli anni ogni volta a raccontare un aspetto della scuola che inorgoglisce chi ne abbia fatto parte. Una storia ricchissima, che comincia il 12 ottobre del 1917, quando gli iscritti agli studi erano appena 17. Un anno dopo l’intitolazione della scuola allo scienziato pistoiese Filippo Pacini e nel tempo nuovi indirizzi di studio che andavano aggiungendosi.
Mitica la figura del preside Soverchia, al quale la scuola deve molto: la sua reggenza cominciò nel dopoguerra, quando la scuola non era altro che un ammasso di macerie. Il suo incarico durerà fino al 1976, 27 anni che hanno cambiato l’Istituto tracciando la strada per quello che oggi è diventato. Dal numero del “Ventilatore” che “esce quando può… e sempre tardi”, il giornalino della scuola che tra le altre cose indaga sul fenomeno dei “capelloni” , passando per quella volta – era il 1964 – che la Cassa di Risparmio donò centomila lire “per gli aiuti alla alunna ammalata dell’Istituto che non può seguire i corsi come desidera”. Fino ad arrivare ai tempi più recenti quando la scuola si è fatta set del divertentissimo film di Pieraccioni “Ti amo in tutte le lingue del mondo” nei primi Duemila. Un viaggio ricco e bellissimo che gli ex studenti (ma non solo) non possono lasciarsi sfuggire.