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Architetto honoris causa. Il mondo accademico si inchina a Giuliano Gori

La rettrice Petrucci: "Peccato non aver fatto in tempo a consegnargli il dottorato in vita". Ma a ricevere il diploma c’erano i figli e i nipoti .

Architetto honoris causa. Il mondo accademico si inchina a Giuliano Gori

La rettrice Petrucci circondata dai figli e dai nipoti di Giuliano Gori

"Giuliano Gori è stato un modello di come vivere l’arte e fare cultura, è un onore per l’Ateneo di Firenze conferirgli il riconoscimento accademico più alto". Con queste parole la rettrice dell’Università di Firenze Alessandra Petrucci ha motivato l’assegnazione a Giuliano Gori del dottorato honoris causa in "Architettura, progetto, conoscenza e salvaguardia del patrimonio culturale". "Peccato non aver fatto in tempo – ha aggiunto la rettrice – a consegnargli il dottorato in vita, ma ci fa un immenso piacere che ci siano i figli e i nipoti di Giuliano a ricevere il diploma".

Solennità e commozione hanno caratterizzato la cerimonia ufficiale, nell’aula magna del rettorato in piazza San Marco a Firenze. Il mondo accademico si è inchinato, con deferenza e gratitudine, di fronte a una figura di "mecenate illuminato" che pur non essendo passato da percorsi universitari è diventato un punto di riferimento nel panorama artistico nazionale e mondiale.

"E’ stata un’idea rivoluzionaria – ha detto il direttore del dipartimento di architettura Giuseppe De Luca – quella realizzata da Giuliano Gori a Celle di un museo senza pareti, di un’architettura nel silenzio e nella natura, un approccio pionieristico che ha ispirato molte altre esperienze in tutto il mondo". L’incarico di pronunciare la "laudatio" è spettato al coordinatore del Dottorato Franco Vittorio Arrigoni che ha definito quella di Giuliano: "Una vicenda umana, affettiva e intellettuale che non ha equivalenti nel panorama culturale internazionale". In un discorso ampio e ricco di suggestioni culturali Arrigoni ha fornito un’interpretazione dell’opera di Giuliano Gori spaziando dal Petrolio di Pier Paolo Pasolini alla letteratura rabbinica soffermandosi anche sulla concezione dell’architettura di Leon Battista Alberti come "perenne fluttuazione" presente nello scritto Intercenales che fu scoperto da Eugenio Garin proprio nel convento di San Domenico di Pistoia. Arrigoni ha definito l’opera del collezionista come "un campo architettonico magmatico" in cui si tenta di creare o di riparare il mondo in una continua tensione tra la realtà e il suo oltrepassamento. "Giuliano è stato un bonus artifex – ha concluso Arrigoni – e questo riconoscimento rappresenta per la nostra scuola un impegno a cercare di essere alla sua altezza".

Al tavolo della commissione anche il delegato al dottorato Stefano Cannicci e il Componente del collegio dei docenti Valerio Collotti. Nella prima fila della platea i quattro figli di Giuliano: Patrizia, Fabio, Stefania e Paolo e dietro di loro i nipoti. La rettrice ha consegnato il diploma nelle mani di Patrizia Gori ed è spettato a Paolo andare al microfono per pronunciare, con la voce rotta dalla commozione, un breve discorso di ringraziamento. Nell’aula magna erano presenti molti amici della famiglia e personalità della cultura pistoiese e fiorentina.

"Siamo riconoscenti al babbo Giuliano e alla mamma Pina – ha detto Paolo – perché è grazie a loro che viviamo questo momento". "La mamma e il babbo ci hanno lasciato tante cose da ricordare – dice Patrizia – che noi con tutte le nostre forze cerchiamo di conservare". "Il babbo ha fatto tanto per la collettività – ha aggiunto Fabio – anche tenendo aperta gratuitamente per quarant’anni la collezione". "Il nostro motto – ha concluso Stefania – è uno per tutti e tutti per Celle".

Giacomo Bini