
Avvelenati e Birignoccoluti: il lato noir del confetto
La valorizzazione delle eccellenze del territorio è il motore dello sviluppo sostenibile. Portiamo come esempio il caso della Confetteria Bruno Corsini di Pistoia attiva dal 1918. Giorgia Baroni, nipote di Bruno Corsini, ci spiega che: "La prima testimonianza storica della presenza dei confetti in Italia è proprio qui a Pistoia, legata tra l’altro a un episodio di cronaca nera". Infatti Filippo Tedici nel 1324, come dice il testo ritrovato nella Biblioteca Nazionale di Firenze nel 2017, fece fare "uno confetto che tenea veleno". La destinataria di questo dolce avvelenato era la sua prima moglie, "la sciagurata mangiollo, incontenentemente morìo e lui di subito la fece assotterrare". In tal modo Filippo Tedici sposò Dialta, la figlia di Castruccio Castracani signore di Lucca al quale aveva, così, consegnato la città. Giorgia Baroni ci ha mostrato il laboratorio artigianale dove vengono realizzati i confetti: tutto nasce dal lavoro di antiche macchine di rame chiamate "bassine". Lo zucchero usato per lo sciroppo "è di provenienza italiana perché a proposito di sostenibilità è il più possibile garantito dalla presenza di pesticidi, è gradevole ed è naturalmente bianco". Attualmente da questo laboratorio escono più di cento tipi di confetti. Per realizzare il famoso Birignoccoluto ci vogliono dalle 8 alle 10 ore di lavoro. Bruno Corsini diceva sempre: "Quando si fanno i confetti bisogna avere occhi, testa e cuore".