Casalguidi (Pistoia), 21 gennaio 2020 - E’ uno degli otto casi di sarcomi dei tessuti molli che sono stati censiti dall’Asl nel territorio del comune di Serravalle Pistoiese. E’ una bimba di 4 anni. Nel mese di dicembre del 2017, quando aveva appena due anni, i medici dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze le diagnosticarono, dopo la biopsia, la variante “botrioide“ .
Ha fatto l’ultima chemioterapia nell’agosto 2018. Il sarcoma che si era annidato nella sua pancina è andato via e ora deve “soltanto“ sottoporsi, ogni tre mesi, a tutti i controlli. Il Meyer ha preferito un monitoraggio stretto. I suoi genitori, il babbo, 40 anni, impiegato, laureato in economia, e la mamma, 30 anni, commessa, diplomata in economia aziendale, hanno vissuto questi ultimi anni con quel coraggio e quella determinazione che viene dalla consapevolezza di dover difendere, e lottare, per qualcosa di molto prezioso. E noi, questa bimba, la chiameremo Preziosa.
Questa piccola famiglia che si è riconquistata un po’ di serenità, vive a ridosso delle colline del Cassero, in una bella casa grande che era tutto il loro sogno di bellezza e di tranquillità, con un piccolo pezzo di terra dove, nel tempo libero, coltivano alberi da frutto. La diagnosi, che gli stessi medici del Meyer hanno dato con comprensibile difficoltà e dolore ai genitori, risale al dicembre del 2017.
"A preoccuparci – raccontano il babbo e la mamma – erano state tracce di sangue nel pannolone che sono diventate sempre più consistenti. Qualcosa che evidentemente andava ben oltre l’assestamento ormonale che alcuni pediatri pistoiesi avevano ipotizzato. Quindi l’abbiamo portata al Meyer. E’ stata operata. Le hanno asportato quello che sembrava un polipo, ma era ben di più. Era un sarcoma botrioide, una variante del sarcoma dei tessuti molli e la sua espansione era stata rapida, potevamo perderla. La casistica che ci è stata illustrata al Meyer è di 4 casi su un milione (con un picco di incidenza a 2 e 14 anni), a prescindere da quello che può aver scatenato questo tipo di sarcoma. L’oncologa ci disse che cause certe non ce ne sono".
"Poi – raccontano ancora – siamo stati chiamati dall’Asl e così abbiamo saputo dell’esistenza di altri 7 casi. Noi, territorialmente, rispetto all’area indagata dopo la diffusione delle notizie dell’inquinamento dei pozzi (che noi non abbiamo), siamo un po’ ai margini, ma poi la nostra bambina è stata inclusa".
"A noi però – precisa il babbo – fa paura anche l’inquinamento dell’aria. Noi abitiamo a un chilometro e mezzo dalla discarica. Quando ci fu l’incendio del 4 luglio del 2016 eravamo eravamo compresi nella zona “gialla“ e non dovevamo consumare né frutta né verdura coltivate sul posto. La bambina aveva sei mesi". Il babbo e la mamma di Preziosa, quando la piccola ha cominciato le cure, hanno preso una decisione drastica.
"Avrebbe dovuto fare nove cicli di chemioterapia e con le difese così abbassate eravamo terrorizzati dalla possibilità che potesse contrarre infezioni. Così abbiamo preso l’aspettativa dai nostri rispettivi lavori e ci siamo ritirati in casa, da soli". La chemioterapia è durata un anno, e per un anno Preziosa e i suoi genitori sono rimasti da soli nella loro grande casa sulla collina. La spesa la facevano i nonni. Alla piccola era stato applicato il “cvc“ un tubicino per l’infusione della chemio.
"Ho imparato da sola a fare tutte le medicazioni e le disinfezioni – racconta la mamma –, mi sono comprata tutto l’occorrente. I nonni ci portavano la spesa a casa. Al termine delle nove sedute di chemio non c’è stato bisogno della radioterapia e questo ci ha molto sollevato". Niente è stato facile e le disavventure sono state in agguato: "La chemio le aveva reso le ossa fragili e scendendo uno scalino si è rotta una gambina e così c’è anche stato bisogno di ingessarla...".
Affrontare una malattia così seria di una bimba così piccola ha richiesto anche un po’ di fantasia, incoraggiata dai medici del Meyer: "Per farle comprendere quello che le stava accadendo – ci ha spiegato la mamma – le abbiamo detto che quella medicina che entrava nel tubicino si chiamava Gaspare e che andava a cercare e a mandare via dei batteri cattivi che erano nella sua pancina, ma che Gaspare era birbante e che a volte faceva degli errori, così la faceva vomitare e le faceva andare via i capelli... Il cvc invece era un topino a cui si doveva ogni tanto dare da bere...Quando tutto è finito abbiamo ripreso la nostra quotidianità".
Preziosa ha recuperato tutta la sua brillantezza e corre allegra per casa, va all’asilo e ha potuto festeggiare il compleanno con i suoi amici.
«La discarica – fa sapere il padre della piccola – ci fa paura e ci fanno paura le possibili conseguenze di quell’incendio. E’ mia intenzione fare analizzare privatamente il terreno. Dopo quello che ci è successo abbiamo letto molto e ci siamo molto documentati. Nessuno ci ha detto che la malattia che ha colpito la nostra bambina potrebbe essere collegata a una esposizione a determinate sostanze, ma poi abbiamo saputo che i casi di sarcoma, che è un tumore raro, erano sette in un territorio circoscritto...e allora cosa dovevamo pensare...L’Arpat sta cercando di capire, ma quello che più temo sono le sostanze volatili, e vorrei sapere l’origine degli odori che sentiamo e dei fumi che vediamo".
Lucia Agati
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