
Con il calcio nel cuore. Il viaggio di Bonan verso le vette della Tv. E la musica, primo amore
di Lucia
Agati
Realizzare, a uno a uno, tutti i suoi sogni senza credere troppo nelle proprie capacità ma scoprendole, con il tempo, una dopo l’altra. È questa l’impronta della personalità di Alessandro Bonan, giornalista, scrittore e musicista che lega il suo nome a un padre, Aldo, 97 anni, celebre ginecologo che ha fatto nascere migliaia di pistoiesi e che gli ha consegnato, affidandogli il suo Dna, quella pacata brillantezza, ammantata da una sorridente caparbietà, che gli ha consentito di non arrestare mai il suo cammino. Oggi Alessandro vive a Monza dove si è trasferito tanti anni fa quando è diventato il volto televisivo di Sky Sport. Tuttavia, il suo cordone ombelicale con la sua città mai è stato reciso e lui ritrova Pistoia nell’eleganza tranquilla di Monza dove la moglie Federica Niccolai lo ha presto raggiunto e dove la loro figlia Martina è cresciuta studiando e guardando, oggi, al cinema. Alessandro Bonan, nato a Pistoia il 10 aprile del 1964, ha due fratelli Paolo, dermatologo e Michele, architetto. Alessandro è uno dei nuovi volti dei Pistorienses, ritratto, nell’ormai mitica saletta di posa color ocra nel quartier generale della Giorgio Tesi Group, dal fotografo Nicolò Begliomini che gli ha regalato, con il suo obiettivo, la divertita solennità di un uomo che sì, deve la carriera al pallone e quindi al suo sogno di bambino.
Quando è iniziata la sua carriera di giornalista sportivo?
"Nel 1996, quando fui assunto da Telepiù e mi sono trasferito a Monza, poi, dalla fusione con Stream, è nata Sky. Oggi su Sky Sport, ho un programma in cui seguo il campionato, il prima e dopo partita. Da venti anni conduco “Calcio mercato-L’originale“, in diretta per tutta l’estate e con una sessione in gennaio. Il mio è stato un percorso lungo durante il quale ho scoperto la stretta relazione con la scrittura, diventata un mio obiettivo. Ho scritto due romanzi e sto lavorando a un terzo. Il primo è un noir “Anatomia di una voce“ e il secondo “La giusta parte“, è dedicato al calcio come una enorme metafora di una realtà in cui si è molto impegnati a schierarsi e dove vado a esplorare un territorio di mezzo, meno conosciuto, in cui fare dell’equilibrio motivo d’esistere. Tutta la storia ha la durata di un calcio di rigore".
Il calcio dunque ha generato la scrittura che, a sua volta, ha generato la musica....
"La musica è una passione che risale a tanti anni fa, quando avevo anche una band. L’avevo messa da parte e poi l’ho ritrovata. Oggi scrivo le sigle dei miei programmi, i testi e la musica. Suono la chitarra da autodidatta. Con lo strumento trovo le soluzioni per dare spazio alle parole che poi prendono una forma letteraria e quindi diventano un romanzo, ma possono trovare spazio anche in tramissione. Quindi per ora l’unica strada che hanno preso sono le sigle, le altre, sono in attesa".
Che cosa ha scoperto di sé?
"Con il tempo ho scoperto risorse che non conoscevo, capacità che sono migliorate. Ero convinto di non saper fare niente e devo dire che non ho mai sentito nemmeno il sacro fuoco del giornalismo, ma quando ho cominciato ho capito che lo sapevo fare".
Le manca Pistoia?
"Quello di Monza è un ambiente provinciale che un po’ me la ricorda e con il tempo a Monza mi sono affezionato. E’ un distaccamento di Milano ad alta vivibilità, curata ed elegante e mi permette di arrivare al lavoro, con orari flessibili, in venti minuti, cosa altrimenti impensabile. Di Pistoia però mi mancano le amicizie. Ci sono sentimenti forti che ci portano a ritrovarsi a cena anche venti anni dopo. L’amicizia è per me una peculiarità assoluta a Monza si stupiscono quando io dico che a Pistoia ho tanti amici quando loro ne hanno appena tre o quattro. I miei trenta, quaranta amici sono un patrimonio e la cosa che mi ha sempre colpito della mia città è non soltanto la capacità di fare incontrare tutti a prescindere dalla dimensione sociale, ma anche la capacità di creare, una “società di mutuo soccorso“ nel caso che qualcuno attraversi un momento di difficoltà".
Cosa pensa dei Pistorienses?
"E’ un progetto intelligente, tra i segnali più importanti lanciati negli ultimi tempi, dal quale traspaiono ironia e una sostanziale bontà che porta le persone a non avere pregiudizi, un rischio che si può correre nelle piccole comunità. Un progetto che sottolinea la bellezza e la bravura nelle più svariate espressioni, che esalta il talento dei cittadini togliendosi dall’occhio un po’ sinistro che muove l’invidia".
Cosa voleva fare da bambino?
"Il calciatore".