Pistoia, 24 gennaio 2023 - Un’influenza aggressiva, ma soprattutto difficilmente differenziabile dal Covid, se non attraverso il test con tampone, la minaccia di nuove varianti in arrivo dalla Cina e, in questo quadro già complesso, una nuova diffusione dell’Aids (sebbene in percentuali ancora basse), specie tra i giovani, poco informati da un sistema, quello dei media, che negli ultimi anni è stato assorbito dal ciclone pandemia. È questo il quadro che delinea il dottor Pierluigi Blanc, direttore delle malattie infettive dell’Asl Toscana Centro, negli ospedali di Pistoia e Prato.
Dottore, partiamo da questa influenza, la cosiddetta Australiana, è più aggressiva?
"Sicuramente è altamente contagiosa, essendo delle due varianti quella più diffusa, pari a circa l’85 per cento dei casi. Si manifesta con la sintomatologia classica, con febbre, tosse e mal di gola. Mentre l’altro ceppo si presenta anche con dissenteria. Riguardo alla aggressività è difficile da dire. I dati sulla mortalità legata all’influenza sono dati difficilmente estraibili. Si tratta di dati presuntivi. Grosso modo, abbiamo circa 8mila decessi l’anno in Italia legati all’influenza. Ma c’è una buona notizia".
Qual è la buona notizia?
"In base al monitoraggio effettuato in queste settimane, possiamo affermare con una certa sicurezza che il picco è stato superato e si è determinato nella 52esima settimana, quella a cavallo di capodanno. Ora, in sostanza, stiamo assistendo a una riduzione graduale dei casi".
Quali sono i soggetti più a rischio in questa ondata?
"A parte le persone anziane e quelle con altre patologie concomitanti, la cui valutazione è sempre affidata ai medici di famiglia, quest’anno abbiamo rilevato un’incidenza importante nei bambini, sui quali questa sindrome influenzale porta a volte un’insufficienza respiratoria. Molti sono stati ricoverati a Meyer in queste settimane".
Intanto, nelle ultime settimane, nella nostra provincia, abbiamo assistito a un rallentamento della corsa del Covid?
"In effetti questi sono i dati. Ora dovremo fare i conti con l’arrivo delle nuove varianti dalla Cina, che sembra siano molto contagiose. Non sappiamo se si estenderanno in Europa, ma se ciò accadesse, andremo incontro ad un alto rischio di contagio. Un altro aspetto è quello dei decessi, che avvengono ancora nella popolazione anziana. Ma bisogna precisare che si tratta di persone con un quadro clinico che presenta diverse patologie e che vengono ricoverate per altri motivi, risultando poi Covid positivi".
La diminuzione dei contagi, nonostante il post festività, è da legare a una diminuzione dei tamponi?
"In parte sì. Ma soprattutto per la concomitanza con il virus influenzale. La sintomatologia è molto simile, perché oggi i positivi al Covid non manifestano più quei sintomi tipici quali la perdita dell’olfatto e del gusto. Molte persone che hanno mal di gola, febbre e tosse pensano magari di avere l’influenza, quando in molti casi si tratta ancora di Covid. In questo momento abbiamo: Covid, influenza e virus respiratorio sinciziale tra i più piccoli, tutti con una sintomatologia sovrapponibile".
Si è parlato di un nuovo allarme legato alla diffusione di casi di Aids nei giovani. Che cosa sta accadendo?
"La spiegazione è semplice: l’informazione da parte dei media si è concentrata negli ultimi anni in maniera quasi esclusiva sulla pandemia da Covid. Questo ha determinato un calo di attenzione, da parte dei giovani soprattutto, ma anche di tutti i soggetti a rischio nei confronti di un virus che è ancora presente e pericoloso, specie per alcune categorie di persone. La percentuale di casi in Toscana è superiore alla media nazionale: se questa è ferma al 2,5 per centomila abitanti, in Toscana abbiamo raggiunto il 3,1. Da tempo noi attuiamo una doppia profilassi: una post esposizione e anche una pre esposizione, pensata per i soggetti a rischio di infezioni sessualmente trasmissibili".
Chi sono i nuovi sieropositivi?
"Sono giovani con meno di 30 anni. Sono soggetti che arrivano in reparto con la malattia in atto: perché, pur avendo tenuto condotte a rischio, non hanno mai fatto un test di controllo. E il motivo è sempre legato alla scarsa informazione su questa malattia: di cui prima si parlava molto nelle campagne portate nelle scuole".
Martina Vacca