Su di lui si è detto e scritto di tutto, spesso a sproposito. La Pistoia ’rubestica’ lo ama ancora, prove ne sono l’affetto che corre sui social e il grande abbraccio collettivo della città in occasione del suo ritorno. Il web, poi, lo ha parzialmente riabilitato, anche se il nome di Luis Silvio Danuello fa ormai parte dell’immaginario pallonaro alla voce "Bidoni". In realtà, alla fine degli anni Settanta, la ponta-direita brasiliana si stava davvero iniziando a far conoscere ed apprezzare in patria per quello che era: un’ala destra giovane, dotata di buoni piedi e discreta propensione per il gol. Ma evidentemente non pronta per lo sbarco in Italia. Ed è per ristabilire un quadro più aderente possibile alla realtà che abbiamo contattato Giacomo Carobbi, giornalista, storico e appassionato di cultura popolare, con diversi lavori all’attivo sulla storia della Pistoiese e dei personaggi chiave della storia arancione.
Carobbi, chi era Luis Silvio prima dello sbarco a Pistoia?
"Un ventenne veloce e talentuoso. Un’ala, come ormai è cosa nota. Si mise in mostra con la maglia del Ponte Preta. Con ogni probabilità non avrebbe mai potuto ambire al massimo campionato brasiliano, ma poteva sicuramente dire la sua nelle varie divisioni regionali. È chiaro che la chiamata alla Pistoiese, in un campionato duro e fisico come quello italiano, ha sparigliato aspettative e traiettorie di carriera".
E dopo quell’avventura fallimentare?
"Attore porno, barista, pizzaiolo: le credenze che si sono diffuse erano false. Così come quelle precedenti al suo arrivo in Italia: l’amichevole truccata non è esistita e anche il ’misunderstanding’ sul ruolo è una mezza verità, visto che sulle cronache dell’epoca è sempre stato indicato come un’ala. Il fatto è non potendo permettersi un bomber di grido, la Pistoiese decise di puntare su Saltutti (che poi però se ne andò) e su di lui come seconda punta. Il resto è storia: da novembre finì fuori dai radar, poi il freddo e la ’saudade’... Tornato in Brasile, ha continuato a giocare in campionati minori con alterne fortune".
Oggi Luis Silvio cosa fa?
"Vive in Brasile, a Marilia, città a circa 450 chilometri da San Paolo. Inizialmente dava una mano nel negozio della madre, poi aprì una ditta di ricambi per macchine industriali, ’Maripecas’. Spesso sui social s’intravede un angolo calcistico con foto storiche, coppe e altri reperti: è dentro l’azienda".
Un aneddoto vero?
"Chiese a un giornalista se gli poteva far conoscere Ornella Muti: ne era innamorato".
Luis (o Luiz) è diventato un’icona pop. Perchè?
"Si dice che sia ’il bidone per eccellenza’, ma credo che semplicemente fu il primo a fare flop. L’accoppiata con la matricola Pistoiese e le successive leggende diffuse hanno contribuito a creare quest’aurea, alimentata da un iconico film come L’allenatore nel pallone prima e dall’avvento di Internet poi".
Luis Silvio sarebbe diventato Luis Silvio anche in un’altra realtà calcistica?
"Probabilmente no. Ricordo che negli anni Novanta in città comparvero sui muri diverse scritte ’Luis Silvio c’è’. Una sorta di rivendicazione collettiva dei pistoiesi, un moto d’orgoglio dopo l’etichettatura della sciagurata avventura in serie A. La Pistoiese è più di Luis Silvio, ma è anche Luis Silvio. Un idolo, nonostante tutto".
Ha scritto tanto su aspetti storico-sportivi conosciuti superficiamente. Ci sono sorprese in arrivo anche su di lui?
"Nel 2025, si. Una piccola opera per ripercorrere attraverso le fonti la sua storia. con tante chicche mai apparse sul web".
Alessandro Benigni