MONTAGNAUn territorio in grave difficoltà quello della nostra montagna. È questo, in estrema sintesi, il risultato che emerge dal rapporto sulle Aree interne presentato in Regione nelle scorse settimane. Secondo tale ricerca l’area di cui fa parte l’Appennino pistoiese (che comprende anche Lunigiana, Garfagnana e Mediavalle) ha una popolazione media di 49 abitanti per chilometro quadrato (la media regionale è di 161), con il 95% degli abitanti che vivono in aree totalmente montane. Il 64 per cento della popolazione abita in località che non sono capoluogo, il 17% vive in zone ad alto rischio frane, l’11% in aree ad alto o medio rischio idraulico e il 100% in territorio ad alto o medio rischio sismico. Il rapporto fa luce sulla crisi demografica delle aree interne: a livello toscano dal 1951 le aree interne hanno perso il 20 per cento della popolazione di partenza, pari a circa 215mila abitanti, e il loro peso sul totale regionale è sceso dal 34% al 24%.
Lo spopolamento è stato particolarmente intenso nei comuni ultraperiferici (-59%) come quelli della nostra montagna e se guardiamo i dati dell’Appennino dal 1951 al 2023 la perdita della popolazione è stata del 43,5%. Queste dinamiche hanno avuto impatti significativi, con un invecchiamento generalizzato dovuto al crollo dei tassi di natalità e all’indebolirsi dei flussi migratori in ingresso. Nel comune di San Marcello Piteglio, giusto per fare un esempio, la percentuale di ultra 75enni è pari al 21% del totale.
Gli stranieri residenti nell’area dell’Appennino pistoiese, Lunigiana, Garfagnana e Mediavalle sono 8.100, pari al 7,3% del totale, al di sotto della media regionale che si attesta all’11,1%. Non manca una riflessione sull’istruzione: essere uno studente residente in un’area interna come la parte montana della provincia di Pistoia significa molto spesso frequentare scuole di piccole dimensioni, non di rado in pluriclassi, con docenti che lavorano con contratti precari o comunque pronti a cambiare scuola appena possibile. Più avanti nella carriera scolastica, si legge nel rapporto, significa anche avere una minore possibilità di scelta tra indirizzi di studio o doversi spostare molto per frequentare quello per cui si è vocati.
Anche il profitto è più basso: l’analisi dei test Invalsi per l’anno scolastico 2022-2023 mostra che gli studenti delle aree interne riescono a mantenere livelli di apprendimento in linea con la media regionale fino alla fine della scuola primaria, mentre iniziano a manifestare dei gap all’ultimo anno della secondaria inferiore, per poi arrivare alla fine della scuola secondaria superiore con punteggi molto più bassi dei colleghi che studiano in aree meno periferiche.
Da.Co.