
Il tour di Ghigo Renzulli, fondatore dei Litfiba fa tappa domani sera al Santomato Live
Di anni ne ha superati da poco i settanta, oltre la metà passati a far la storia con la musica. Al punto che se oggi è lui a scegliere la direzione senza preoccuparsi del mercato, spinto dalla sola libertà d’essere e di fare, si può prendere atto che tutto è consentito. E magnificamente godibile, così come succede quando la musica la sai fare davvero. Dici "Ghigo Renzulli" e la testa va lì, al cuore del rock, che col nome dei Litfiba ha scritto una pagina storica in Italia e che oggi è ‘solo’ "Ghigo Renzulli", l’uomo con la chitarra (ma di strumenti ne suona parecchi altri), dal 2020 dedito a "No Vox", progetto strumentale il cui secondo figlio formato album si chiama "Dizzy". Nel suo girare ecco una tappa tutta pistoiese, domani, giovedì, 18 aprile al Santomato Live (info: 333.4657051 o 338.1301004). "Dizzy", ovvero "vertiginoso". Cosa c’è di vertiginoso in questo disco? "Questo è un disco molto sperimentale e ‘Dizzy’ trovo sia l’aggettivo giusto per definirlo: dentro ci sono le mie influenze musicali e le mie esperienze. Dal blues, col quale ho cominciato da fan di B.B. King e Chuck Berry, per arrivare al metal, passando per il country, il rock, il rockabilly, il folk e musica classica contemporanea che ascolto, come Rota, Morricone, Mertens. Dopo quarantacinque anni di carriera arrivare alla strumentale è un traguardo di realizzazione. Non è facile, ci vuole più raffinatezza, le melodie devono essere evolute, arrangiate e prodotte bene. Ho fatto tesoro delle esperienze e le ho abbinate al mio mondo musicale. Mi sono divertito".
Un pieno esercizio di libertà…"Sì, poi è evidente che fare musica strumentale in Italia è difficile: questo è il Paese di pizza, spaghetti, mandolino e Sanremo. Ma la strumentale è sempre esistita e sempre esisterà. Certo, è diversa, si ascolta seduti in poltrona, non si poga. È un viaggio personale, da musicisti. Poi non è detto che io faccia solo questo".
"Mi piace suonare nei club umidi e sudati, mi ricordano i bei tempi andati", ha detto. Nostalgia? "Sotto sotto sì. Mi riferivo ai Litfiba. Sono il mio bambino. Abbiamo vissuto diverse fasi. Nella prima, più underground, si suonava in quei club di fronte a cento persone, a volte trenta. I Litfiba di quel periodo hanno scritto capolavori della musica italiana, ma all’epoca nessuno se li filava. Poi col successo degli anni ‘90 la gente è andata a spulciare il materiale precedente e ha scoperto che esiste un disco come ‘17 Re’ considerato il top. Il mondo va così".
La infastidisce essere identificato per alcuni solo come l’"ex Litfiba"? "Scherza! Li ho fondati io i Litfiba, sono la mia seconda creatura dopo i Cafè Caracas. Quella la mettemmo in piedi con Raf, ci chiamavano i Police italiani. Aprimmo il concerto dei Clash in piazza Maggiore a Bologna, quindi il percorso verso i Litfiba, una band che amo. Poi le strade possono dividersi per molte ragioni. Ma fare qualcos’altro coi Litfiba mi piacerebbe".
linda meoni