Donna uccisa, verso la verità. L’autopsia fornirà dettagli preziosi

Giusy Levacovich, 39 anni, sarebbe stata strangolata. Silenzio e finestre sbarrate: la comunità chiusa a riccio

Donna uccisa, verso la verità. L’autopsia fornirà dettagli preziosi

Donna uccisa, verso la verità. L’autopsia fornirà dettagli preziosi

Un orrendo omicidio è stato compiuto nel cuore della Valdinievole e la procura di Pistoia e i carabinieri stanno dando la caccia al responsabile. L’orario del delitto potrebbe aiutare gli inquirenti a fare piena luce sull’omicidio di Giusy Levacovich, 39 anni, madre di tre bambini. La donna è stata strangolata, probabilmente con una maglia stretta al collo, e poi abbandonata nel cortile davanti alla casetta prefabbricata dove viveva con la sua famiglia. Sarà soltanto l’autopsia, già disposta dal sostituto procuratore Leonardo De Gaudio, che dirige le indagini dei carabinieri di Pistoia, a poter stabilire con esattezza l’orario dell’aggressione avvenuta nel quartiere nomadi di via XXIV Maggio, località Molin Nuovo, nelle campagne di Buggiano. A eseguirla, probabilmente oggi, sarà il dottor Brunero Begliuomini, all’ospedale di Pescia.

La risposta arriverà dall’esame del corpo della donna, che ha concluso la sua giovane vita in modo davvero brutale. Chi conosce la famiglia ha parlato di ripetuti episodi di violenza di cui la donna sarebbe stata vittima da parte del marito. Episodi raccontati di cui, tuttavia, non ci sarebbe stata traccia di denuncia, né di referti ospedalieri. Il marito della vittima, Marco Satori, 44 anni, già noto alle forze dell’ordine per piccoli precedenti di furti, è stato ascoltato al comando provinciale dei carabinieri dove si è presentato martedì sera.

Intanto, a ventiquattro ore dal tragico ritrovamento senza vita di Giusy Levacovich, aleggia una calma irreale al civico 136 di via XXIV maggio. Le poche casette mobili che compongono l’insediamento sembrano vuote. Porte e finestre sono chiuse, c’è silenzio. Niente lascia pensare che qui, appena il giorno prima, si è consumata la fine tragica di una vita umana. Nessuna voce, nessuna persona laddove ventiquattro ore prima c’era un gran via vai di persone, tra rabbia e disperazione. In corrispondenza del vialetto di ingresso due aquile in pietra osservano mute dall’alto di due colonne. Sotto una di queste c’è un cartello: "Attenti al cane e al padrone" dice, con tanto di disegno di un cane e di una pistola. Al centro della corte centrale, ci sono delle panche in legno e una sedia attorno ad un bidone metallico posizionato su un carrellino. Sembra una scena a cui qualcuno ha premuto il tasto "pausa", una fotografia che offre l’immagine di una comunità che, improvvisamente e bruscamente, ha dovuto interrompere la propria quotidianità.

Daniele Bernardini

Francesco Storai