Leonardo
Biagiotti
Alessandro Tomasi ha vinto le elezioni perché è stato quello che aveva promesso di essere. Si è occupato di strade, di portare il gas nelle case, di risistemare scuole e impianti sportivi. Non ha volato alto, no, ma non lo ha mai voluto fare, fin dalla candidatura nel 2017, abituato com’è, da buon artigiano, ad occuparsi di problemi concreti. Quando i suoi avversari lo accusavano di non saper immaginare niente di diverso di catrame e manutenzione, sotto sotto probabilmente sorrideva, pensando che la campagna elettorale gliela stavano facendo proprio quelli che lo volevano sostituire. Infatti lui dalla candidatura in poi non ha fatto nemmeno una conferenza stampa, tenendosi lontano dai riflettori e dai partiti, perfino da Giorgia Meloni che viaggia con il vento in poppa dei sondaggi (per non parlare della visita di Salvini annullata all’ultimo minuto). E’ stato coerente con se stesso e con il mandato che si era dato candidandosi, mandato poi ricevuto ufficialmente dagli elettori nel 2017 e adesso confermato addirittura al primo turno con il voto di domenica. Nei prossimi cinque anni, però, anche lui dovrà cambiare strategia:
alla manutenzione dovrà necessariamente affiancare una visione più ampia, perché ora con il Pnrr i soldi da spendere ci sono e non approfittarne sarebbe un errore e un peccato mortale nei confronti dei cittadini. Dal 2023, inoltre, potrebbe essere favorito da un governo amico, magari guidato da Meloni, un fattore che lo aiuterebbe a rompere "l’isolamento" di area, con Firenze, Prato e la Regione in mano al centrosinistra.
Già, il centrosinistra. Esce di nuovo malissimo dalla sfida elettorale a causa delle persistenti divisioni interne. Quando i progressisti, guidati dall’ex vice sindaco Belliti, fresca di addio al Pd, si sono presentati come "il nuovo centrosinistra", adesso e oltre il voto, si è capito che ci sarebbe stato poco margine anche per un eventuale accordo al secondo turno. Politicamente, a voler pensare male, si è consumata la "vendetta" perfetta del 2017, quando Bertinelli venne sconfitto anche per la spaccatura che si creò con i moderati di Roberto Bartoli. Sarà difficile ricostruire ancora dopo questa debacle e la frattura interna. Molto difficile. E serviranno almeno altri cinque anni.