Fenomeno in campo e fuori. Fece esplodere la passione

Il ricordo degli anni d’oro e quelle interviste speciali ’a casa del nemico’

Fenomeno in campo e fuori. Fece esplodere la passione

Fenomeno in campo e fuori. Fece esplodere la passione

Joe arrivò a Pistoia con la prima serie A, A2 per la precisione. Allora c’erano solo due stranieri, l’altro era Leon Douglas. Forse mai acquisti sono stati più azzeccati. Non tanto per i risultati sul campo, che arrivarono successivamente, ma per la promozione del basket in citta, per l’inizio di qualcosa di straordinario, ben presente ancora oggi, dal punto di vista sociale, sportivo ed economico. Joe Bryant è stato un giocatore spettacolare, nel senso letterale del termine. Ogni sua giocata, ogni suo canestro (e ne faceva tanti), era spettacolo puro. Non era un gran difensore, non era propriamente un giocatore “parte di squadra “, secondo la definizione cara a Dule Vujosevic, ma era un fenomeno. Grazie a lui e a Douglas, ma soprattutto a lui, il basket a Pistoia esplose letteralmente. Tutta la città cominciò a seguire le gesta dell’allora Olimpia. In poco tempo fu costruito il palazzetto e sulle tribune c’era sempre pieno con un tifo pazzesco. I detrattori parlavano di moda destinata a passare e invece erano state gettate le basi di un’autentica svolta culturale e sportiva. E Joe Bryant ha avuto un ruolo importante.

Andava nelle scuole e a ogni evento cittadino, come poco dopo avrebbe fatto un altro personaggio basilare della storia del basket pistoiese, capitan Crippa, che proprio ieri ha festeggiato il compleanno. Ma era soprattutto il campo a fare di Joe un perfetto testimonial, facendo vedere cose che fino ad allora gli appassionati avevano visto solo in TV. E poi era un personaggio autentico, sempre brillante e sorridente, con la sua bellissima famiglia. Aveva scelto di stare a Cireglio e si era integrato molto bene.

Allora ero alle prime armi in fatto di basket, mi occupavo soprattutto di ’colore’, e grazie a un servizio sulla vita di Bryant e della sua famiglia lontano dal basket entrai in sintonia con Joe. Prima di ogni derby mi rilasciava una intervista da una location obbligatoria: la gelateria Desideri a Montecatini. "Mi piace – diceva ridendo – parlare a casa del nemico. Ora qui sono allegri, ma dopo il derby non lo saranno più". Una sorta di dichiarazione di guerra. E spesso aveva ragione lui. Indimenticabile la sua uscita di scena dal parquet di Forlì, dopo una gara monstre, con l’inchino a tutto il pubblico che lo insultava sommergendolo di palline di carta. Il figlio, Kobe, è stato un giocatore immenso, tra i più forti di tutti i tempi, ricordato e venerato in tutto il mondo. Ma a Pistoia è giusto celebrare e rendere omaggio a un altro Bryant. Ciao, Joe, che la terra ti sia lieve.

Luca Cecconi