GIACOMO BINI
Cronaca

Giocare a carte? Nei circoli si fa passo

"Troppi limiti, così non c’è gusto". La paura di contagi ancora prevale e non piace non avere nessuno che guarda e commenta .

di Giacomo Bini

Nei circoli nessuno gioca a carte, anche se da ieri si può, sulla base della nuova ordinanza della Regione Toscana. I tavolini sono vuoti e le persone se ne stanno sedute intorno, a debita distanza, e parlano attraverso la mascherina. A nessuno viene in mente di cercare un mazzo di carte, anche se molti hanno saputo delle nuove disposizioni che consentirebbero il gioco. "Io le carte le ho buttate tutte via – dice il gestore di un bar che nel pre-Covid brulicava di giocatori – le dovrei ricomprare ma per ora nessuno me le ha chieste".

I circoli senza il gioco delle carte non sono più gli stessi, sembrano ecosistemi travolti da una grande estinzione. Ci sono tutti gli elementi di prima, sedie, tavoli, persone, ma non c’è più il circuito della vita. Il gioco è relazione sociale per eccellenza e il distanziamento lo uccide.

Nessuno può dire se questa forma di vita e di relazione, così radicata nella tradizione delle nostre città, potrà a poco a poco riprendere. Al momento, sembra consegnata al passato e non basta certo un’ordinanza a farla rinascere.

"La gente ha perso l’abitudine – dice uno dei frequentatori della casa del popolo di Montale – forse a qualcuno rimane anche quella paura che fa passare la voglia e poi c’è da dire che una parte delle persone non sono più venute al circolo".

"C’è anche da considerare la difficoltà di rispettare le regole – dice Avio Signori del Bar-Lume del circolo di Tobbiana – è vero che si può giocare a carte, ma ci vuole il flacone del liquido sanificante sul tavolo, vanno cambiate le carte spesso e soprattutto nessuno può avvicinarsi ai tavoli per vedere gli altri giocare". La mancanza del capannello degli spettatori ammassati intorno al tavolino da gioco è forse il fattore decisivo, che scoraggia la ripresa delle interminabili partite a scopa, briscola e ventuno. Giocare senza gli osservatori che ti incombono sulla testa e commentano ogni tua mossa è come il calcio con gli stadi vuoti. "Senza quelli di fuori che ti infamano mentre giochi – dice un cliente del Bar-Barbara – senza la possibilità di rispondere con le battute alle critiche e alle prese in giro di chi sta a guardare, proprio non c’è gusto, non è la stessa cosa".

La memoria dei presenti va alle tante ore passate da ragazzi intorno ai tavoli a vedere i grandi giocare, a carpirne i trucchi e le furbizie, ma anche a conoscere tipi e caratteri umani, i personaggi del paese e del quartiere che si fronteggiano in una imitazione della vita che ogni giorno si rinnova. Mentre riaffiorano i ricordi sembra che si rifaccia viva impercettibilmente la voglia di recuperare quel mondo perduto. Al momento è solo la nostalgia per un giocattolo che si è rotto all’improvviso e che sarà difficile riparare.