REDAZIONE PISTOIA

Giornalista e scrittore, pagò care le sue dirette accuse a Mussolini

Chi era Cesare Rossi? Da personaggio di spicco del primo fascismo alla condanna a 30 anni per attività contro il regime

"Comunico che Rossi Cesare può essere messo in libertà. Firmato il questore di Roma, 5 aprile 1947". E’ il fonogramma al direttore del carcere di Regina Coeli col quale Cesare Rossi conclude 23 anni trascorsi fra carcere, esilio, confino, sorveglianza speciale e campo di concentramento degli Alleati. Nel 1945 compare davanti alla Corte di Giustizia per gli accusati di aver ricoperto ruoli di rilievo nel Partito nazionale fascista. La condanna è di 4 anni e 2 mesi, ma poco dopo gli è concessa la grazia come a tanti altri esponenti del Ventennio. Nello stesso anno Rossi è assolto per insufficienza di prove dall’accusa di aver partecipato all’assassinio di Giacomo Matteotti, tornando da uomo libero al suo lavoro di giornalista e scrittore.

Cesare Rossi è nato a Pescia il 21 settembre 1887. Il padre Guglielmo, garibaldino e liberale, era maestro elementare (morirà nel 1902). La madre si spegne dopo lunga malattia quando Cesare ha appena 7 anni. Va a vivere con zie e una domestica. A 14 anni a Pescia diventa segretario del primo Circolo giovanile socialista italiano "Muzio Mussi". A 16 anni è mandato a Roma alla Tipografia Capaccini a Porta Cavalleggeri, prima come correttore di bozze e poi come compositore tipografo. A Roma ha un cugino, Alarico Nucci, funzionario della Pubblica Istruzione, che lo aiuta ad ambientarsi. Anche lui pagherà duramente i successivi guai giudiziari di Rossi. Si sposa con Margherita Durand. Presto si sente portato al giornalismo e aderisce al Socialismo. Scrive per varie testate di estrema sinistra ed entra nell’Unione Socialista Romana. Nel 1911 si trasferisce a Parma, dove è redattore del settimanale Internazionale diretto da Alceste De Ambris. Poi è reggente delle Camere del Lavoro di Parma e di Piacenza. Allo scoppio della Grande Guerra è mandato al fronte come sergente. Poco prima, nel gennaio del 1915, avviene la conoscenza che segnerà la sua esistenza: Mussolini lo chiama al Popolo d’Italia, giornale di Milano di cui il futuro Duce è direttore dopo aver lasciato l’Avanti.

Dopo la guerra la carriera politica di Rossi è fulminante. E’ uno dei Sansepolcristi che a Milano nel 1919 partecipa alla fondazione dei Fasci di Combattimento. Accompagna Mussolini nella Marcia su Roma e nel suo primo governo è capo ufficio stampa della Presidenza del Consiglio e vicesegretario del Pnf. La deriva sempre più autoritaria del fascismo lo porta ad allontanarsi da Mussolini, che comincia a emarginarlo. Allo scoperta del corpo di Matteotti, il Duce cerca di scaricargli gran parte delle responsabilità. Rossi si ribella apertamente e in un famoso memoriale pubblicato su Il Mondo accusa Mussolini di essere il vero mandante del delitto. Per il caso Matteotti è prosciolto in istruttoria, ma temendo le vendette fasciste, si rifugia in Francia. Attirato nel 1928 in un tranello a Campione d’Italia, è catturato e portato in Italia dove è condannato a 30 anni di carcere per la sua avversione al regime dopo le Leggi Fascistissime. Resta in galera dal 1929 al 1940, quando è inviato al confino a Ponza. Nel 1947, libero da tutte le accuse, pubblica libri di successo: "Mussolini com’era", "Tribunale speciale", "Il delitto Matteotti". Muore a Roma il 9 agosto 1967.

Marco A. Innocenti