
ABETONE
Come pescatore e cacciatore di successo ne ha avuto sempre poco. Anzi, a guardar meglio nessuno: "Me lo diceva anche mia moglie: ‘Ma che ci vai a fare al lago se poi neanche una trota riporti?’. È che a me sacrificare quegli animali, come quelli del bosco, m’ha sempre fatto tanta tristezza". In compenso a colmare quei (desiderati) insuccessi c’ha pensato lo sci che da quasi ottant’anni a questa parte è la sua stampella, il suo amico fedele. Tanto che oggi Bruno Santi, per molti a Fiumalbo e Abetone ‘Cannella’, alla vigilia degli 87 anni quegli sci mica li ha appesi al chiodo. Anzi: continua con la stessa passione di sempre a metterli ai piedi e ad insegnare agli altri come fare per sciare al meglio. Da 54 anni tiene per mano allievi di tutte le età e li aiuta a ‘spiccare il volo’ sulle piste in completa autonomia. In forza nel team dei maestri per la Scuola italiana sci Val di Luce dell’Abetone, Santi di cose nella sua vita ne ha viste e vissute diverse, ma niente per lui ha quel sapore di ‘vita’ che hanno la montagna e lo sci. "Mio padre era un militare. Prima di partire per la guerra mi costruì degli sci di legno. Abitavamo sotto al Monte Cimone – ricorda Cannella -, la scuola stava a un chilometro e mezzo da casa. L’unico modo per arrivarci per me era mettere gli sci ai piedi. Scendevo per una mulattiera, spesso cadevo. Non era affatto semplice. Poi nel ‘45 il babbo tornò dalla guerra, la casa dove stavamo prima fu bombardata in parte, dovemmo trasferirci vicino al paese. Avevo 8 anni, cominciai con altri coetanei a sciare. Facevamo le piste così, come veniva, per divertirci. Qualche anno più tardi nacque lo sci club Fiumalbo. Sciavamo con la prima vera attrezzatura. Arrivarono le prime gare, i miei amici non ne volevano sapere di partecipare con me: vincevo sempre io".
Spericolatezza, talento naturale e amore per lo sci, così Santi comincia con le gare importanti, anche internazionali. A 16 incontra Zeno Colò ("allora non aveva ancora vinto le Olimpiadi. Di lui ricordo una certa ruvidezza, quel suo non volersi soffermare troppo sullo sci come pura espressione tecnica"), lo sci si inquadra come attività centrale della sua routine. Ma la vita poi prende un’altra strada e ‘Cannella’ diventa direttore di cantiere a soli 22 anni, gira l’Italia, si dimentica dello sci. "Il lavoro mi portò a Peio, un collega mi disse ‘perché non si va a sciare sul Tonale?’ - continua Santi -. Io non avevo niente con me, accettai di farmi prestare l’attrezzatura. Nel tempo che a lui servì per fare qualche metro, io completai la discesa. Mi diedero di matto che dovevo diventar maestro". Ancora le strade della vita che fanno deviazioni inaspettate e quel brevetto, seppur desiderato, resta un sogno nel cassetto per via di un trasferimento improvviso. Dopo due anni ecco la nuova occasione, stavolta all’Abetone. E con 32 punti su 32 Santi si ‘laurea’ maestro di sci. Prima operativo a Fiumalbo, poi spostatosi all’Abetone dove ancora oggi lavora, Cannella è uno di quelli che non si ferma mai, anche quando la neve si scioglie: "Vado in bicicletta, a funghi, in mezzo alla natura". Ma Santi ha anche vissuto una trasformazione progressiva della montagna. "In cinquant’anni è cambiato tutto. I giovani se ne sono andati quasi tutti, siamo rimasti noi vecchi a far qualcosa. La mentalità è sempre la stessa – conclude – non c’è una visione, non c’è un progetto sul turismo".
linda meoni