Il caso Iron & Logistic . Presidio permanente: "Non ci hanno pagato. E temiamo la fuga"

Diciotto operai della stireria per conto terzi in via Alfieri a Montale lamentano stipendi e emolumenti non saldati, ma non solo "Vigiliamo per non fare portare via i macchinari, come a Prato".

Il caso Iron & Logistic . Presidio permanente: "Non ci hanno pagato. E temiamo la fuga"

Diciotto operai della stireria per conto terzi in via Alfieri a Montale lamentano stipendi e emolumenti non saldati, ma non solo "Vigiliamo per non fare portare via i macchinari, come a Prato".

Ieri hanno passato la seconda notte in fabbrica, i diciotto operai della Iron & Logistic di via Alfieri a Montale, in assemblea permanente per impedire che la fabbrica sia smantellata. Alla base della protesta anche stipendi non pagati da mesi, assegni familiari non retribuiti e mancati risarcimenti a quattro lavoratori reintegrati dal giudice del lavoro dopo un licenziamento avvenuto nel 2022, quando la ditta aveva sede a Prato in via Ciulli. I lavoratori in assemblea sono in prevalenza pakistani e del Bagladesh, tutti iscritti al sindacato Sudd Cobas. Da alcune settimane vedono uscire dalla fabbrica prodotti e materiali e niente che entra, ora temono che vengano portate via anche le macchine e per questo presidiano la ditta.

"Da settimane il titolare ci dice che il lavoro riprenderà tra pochi giorni – dicono –, che arriveranno dei clienti: ma qui non si vede niente, la fabbrica ormai è vuota e noi dobbiamo avere i soldi che ci spettano e che non vengono pagati". Quello di Montale è il secondo atto di una vicenda che ha avuto la prima fase a Prato nel 2022. "Ci fu una dura vertenza e due mesi di presidio – ricorda Luca Toscano, del Sudd Cobas – per i ritardi di mesi nel pagamento degli stipendi, l’azienda licenziò i venti lavoratori che avevano partecipato agli scioperi". La vicenda dei licenziamenti è andata davanti al tribunale del lavoro: 4 operai hanno accettato una transazione prima del procedimento, per gli altri 16 il giudice ha decretato l’illegittimità del licenziamento, il reintegro dei lavoratori e il risarcimento delle mensilità spettanti. 12 lavoratori hanno rinunciato al reintegro optando per il risarcimento di 27 mensilità, in quattro sono stati reintegrati con il diritto al risarcimento di 12 mensilità. Nessuno ha avuto un euro dalla ditta. I quattro reintegrati sono in assemblea permanente insieme agli altri. "Dopo il trasferimento a Montale – dice Toscano – nella primavera scorsa siamo rientrati in azienda perché sono ricominciati i ritardi negli stipendi. Succede che chi rivendica viene pagato ma poi viene licenziato. E chi non rivendica non viene licenziato ma non viene pagato regolarmente. L’azienda ha i conti pignorati dal tribunale ora temiamo che voglia smantellare questo stabilimento".

"Non ci ha pagato gli assegni familiari – dice Sultan Md, uno degli operai in lotta – ma lui i soldi dall’Inps li ha presi, la fabbrica vuota e penso che voglia chiudere". Sultan ha 33 anni e viene dal Bangladesh, dove col suo lavoro manda i soldi per i suoi tre figli, di quattro, dieci e dodici anni. Julius Godstime, 32 anni, è invece nigeriano: dal 2014 in Italia, vive a Pescia insieme alla moglie e due figli di due e quattro anni. "Oggi è il compleanno di uno dei miei bambini – ci racconta – ma c’è poco da festeggiare perché devo avere tre stipendi e rischio di trovarmi senza lavoro, in questi mesi ho avuto difficoltà a pagare l’affitto e il padrone di casa dice che devo lasciare l’abitazione". Sheik Alamin ha 25 anni vive a Montale in un alloggio in affitto insieme ad altri connazionali: ha lavorato alla Iron & Logistic fino all’aprile scorso quando è andato per un periodo in Bangladesh perché aveva un problema di salute. "Mi avevano promesso che al ritorno mi avrebbero ripreso a lavorare – dice – invece hanno chiuso il contratto ma devo avere cinque mesi di stipendio e ora mi trovo senza lavoro e senza soldi. Devo pagare le bollette e non so come fare". Gli operai in assemblea entrano ed escono dai capannoni, guardano le macchine ferme con apprensione e un filo di speranza: vogliono solo lavorare e vogliono essere pagati per il loro lavoro.

Giacomo Bini