LINDA MEONI
Cronaca

Il coraggio di cambiare. La storia di Francesca: "Infermiera precaria. Ho seguito il mio sogno"

Ha lasciato l’Italia per il Belgio, dove ha trovato un impiego in ospedale. "Qui mi hanno dato uno stipendio adeguato e tantissimi benefit. Capisco chi ha paura, ma il timore non deve e non può essere un freno"

Il coraggio di cambiare. La storia di Francesca: "Infermiera precaria. Ho seguito il mio sogno"

Pistoia, 9 marzo 2024 – All’inizio la nostalgia di casa forse un po’ la sentiva pure. A venticinque anni far valigia, cambiar Paese, cultura, lingua, amicizie, giri in generale, alle prese con un lavoro che ha il suo cardine, oltre che nella professionalità, nell’empatia col paziente, può non essere sempre facile. Ma c’è un invito al coraggio e alla corsa verso il coronamento del sogno che da solo può e deve bastare a lasciarsi andare. Da poco più di due anni per Francesca Zoppi, infermiera pistoiese di 27 anni, ‘casa’ è diventato il Belgio, più precisamente Bruxelles. Lei fa parte di quell’esercito di infermieri italiani – diciottomila in tutto – che negli ultimi tre anni ha lasciato il Paese in cerca di una migliore qualità della vita, in cerca del riconoscimento di una professionalità che qui stenta sempre ad arrivare.

"Mi sono laureata all’Università di Firenze nel 2019 – racconta lei -. Per due anni ho lavorato in ospedali pubblici, senza possibilità a quel tempo di stabilizzazione per assenza di concorsi. Ho dovuto rivolgermi ad un’agenzia interinale, i contratti erano mensili. Potevo cambiare reparto ogni settimana, sede ogni mese. Sono finita ovunque, compresa l’Isola d’Elba. Ero scontenta e anche un po’ demotivata e allora ho iniziato a guardarmi intorno". Prima nei suoi pensieri è arrivata la Germania. Ma l’approccio con l’apprendimento della lingua non è stato semplice e allora ha volto lo sguardo appena poco più in là, puntando al Belgio. "Continuavo a lavorare a questi ritmi assurdi in Italia, nel frattempo mi sono iscritta a un corso on line per imparare la lingua decisa a lasciare l’Italia – prosegue lei -. Le condizioni di lavoro erano piuttosto infelici, organizzazione e stipendio idem: una base di 1.400 euro senza le notti. Non mi sentivo gratificata. Così sono partita. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ho pensato che per me fosse il momento giusto per provare". Oggi Francesca lavora in un ospedale pubblico, sala operatoria. Insieme a lei tanti altri professionisti da altri Paesi, tanti italiani, portoghesi, spagnoli.

E di inviti oggettivi a restare ce ne sono parecchi: "Il mio stipendio netto di base è di 2.500 euro con scatti salariali annuali, in Italia coi turni di notte arrivavo a 1.700 euro. La turnazione non è rigida, qui ognuno può aspettarsi che siano rispettate le proprie esigenze e richieste. Non solo – aggiunge -: qui l’ospedale ci paga i trasporti pubblici, ci rimborsa la benzina, ci offre assistenza sanitaria gratuita, come visite ginecologiche, oculistiche, dentistiche. Internamente all’ospedale abbiamo un asilo nido che resta aperto fino alle 9 la sera, il che permette anche di immaginare progetti futuri. Il contratto che sin da subito mi è stato proposto, come del resto a chiunque lavori in sanità in questo Paese, è di tipo indeterminato". I contatti coi colleghi in Italia Francesca li ha mantenuti, ma, dice lei, "lì è sempre la stessa storia". "Capisco anche chi resta: cambiare Paese, lasciare tutto e ricominciare non è semplice. A prescindere dall’andare o restare, l’invito che rivolgo alle donne è di essere coraggiose, rincorrere i sogni, crederci. La paura non sia un freno. Non sarà facile, cadremo anche ma ci rialzeremo e sarà bellissimo. Non accontentiamoci, puntiamo più in alto che possiamo. Il mondo avrà sempre un’altra possibilità per noi, auguro il coraggio di coglierla sempre".