
Il dottor Pier Luigi Di Patre risponde alla lettera del sindaco di Sambuca Pistoiese, Marco Breschi
La chiamata a essere dei medici "coraggiosi", come li ha definiti in una recente lettera che ha destato particolare clamore il sindaco Marco Breschi, basta per poter prendere servizio a Sambuca Pistoiese? Secondo il dottor Pier Luigi Di Patre, ovvero colui che, in prima battuta, era diventato un medico di base nel comune più piccolo della nostra provincia e successivamente aveva acquisito un servizio ambulatoriale, una volta a settimana fino a fine febbraio, non basta affatto.
Ed è per questo che, nel mezzo del dibattito di questi giorni, ha deciso di dire la sua. "Il “medico coraggioso“ disposto a venire a Sambuca Pistoiese per viverci e lavorare l’avevano trovato, ovvero il sottoscritto – afferma il dottor Di Patre –, ma l’amministrazione comunale e, o, l’Asl Toscana Centro, se lo sono lasciati scappare, perché non sono stati in grado di istituire un incarico come medico di famiglia per Sambuca Pistoiese, il cui ambulatorio sia nel territorio comunale, e non a Pistoia, come specificato dal bando.
"Sottolineo anche – prosegue Di Patre – che tale “medico coraggioso“ ha avuto notevoli difficoltà a trovare un alloggio in quel di Sambuca, territorio così ospitale, nonché l’impossibilità assoluta di avere un parcheggio riservato. Con tali difficoltà, non è meraviglia che nessun medico sia disposto a trasferirsi in quel territorio". E così, l’incarico anche come guardia medica per il dottor Di Patre è finito, e adesso ha optato per andare a svolgere il proprio ruolo in un altro comune toscano e, come ci tiene a dire: "Felicemente impiegato, dove sono garantiti un ambulatorio una segretaria e un’infermiera, assistenti peraltro preparatissime e collaborative".
Anche da questo deriva l’amarezza per una scelta, quella che aveva fatto di venire a vivere sulla nostra montagna, che non si è concretizzata per troppe complicazioni.
"Quale sarebbe, pertanto – osserva ancora il dottor Di Patre –, la soluzione per avere un medico di famiglia a Sambuca? L’ambulatorio in loco e non nel capoluogo, facilitare il “coraggioso“ nel trovare un alloggio, magari usando una qualche struttura già di proprietà del Comune, dotarlo di assistenti qualificate, adeguatamente preparate e collaborative e assicurargli un parcheggio riservato, che in estate trovarlo equivale a cercare il Santo Graal.
"Il mio invito che faccio – conclude –, in particolar modo al sindaco, è di non parlare di indisponibilità di medici coraggiosi e di gran cuore: il problema deriva dalla mancanza di sindaci e dirigenti capaci di trovare le soluzioni adatte e che vogliono, invece, cavarsi d’impiccio identificando capri espiatori (i medici) per giustificare la loro impossibilità a gestire la situazione".
Saverio Melegari