Pistoia, 4 gennaio 2025 – Sergio Iorio, sette mesi senza tregua per cercare di costruire una squadra e una società. Siete partiti in solitaria: ora va meglio?
«Ho avviato rapporti personali con il sindaco per cercare di spiegargli il nostro progetto e il nostro approccio. Fino a quando non siamo partiti Tomasi è stato ad aspettare, ma ora crede nel progetto e lo supporta».
Ma la sta aiutando?
«Le infrastrutture, per noi, sono il problema principale. Per il ’Melani’ abbiano fatto un piccolissimo passo in avanti ottenendo un appalto dei servizi di custodia, che non è la gestione, ma comunque ci permette di fare le cose che servono nei tempi che servono. A volte abbiamo rischiato, non c’era nemmeno l’acqua calda».
A proposito di acqua, avete trovato la soluzione per affrontare l’estate allo stadio?
«L’amministrazione ci è venuta incontro e sta preparando le prove e le carte necessarie per realizzare un pozzo sotto la curva ospiti. Speriamo di completare l’opera entro giugno. Far arrivare l’acqua da fuori è costoso e inadeguato rispetto alle necessità del periodo estivo».
Problema pozzo risolto, questione gestione ordinaria risolta. Ora è tutto a posto?
«No, non siamo tranquilli per il campo di allenamento. La Pistoiese si è allenata per tantissimi anni al ’Turchi’, ma oggi non possiamo scendere su quel campo: lì serve una manutenzione specifica, adatta agli standard della categoria, e occorre preservare quel campo da altri utilizzi. Abbiamo avuto più di un giocatore infortunato. I calciatori sono il nostro capitale non possiamo permetterci di danneggiarlo. Ogni infortunio fa perdere competitività, la squadra si indebolisce e crescono i costi medici e quelli per pagare un campo privato».
Siete perennemente in trasferta fra Montale e Chiazzano. Ne avete parlato con il Comune?
«Assurdo peregrinare. E non fa bene nemmeno al rapporto che stiamo ricostruendo con la città sportiva che non può vedere gli allenamenti. C’è stato un incontro per mostrare all’amministrazione comunale le condizioni del campo: serve un intervento di manutenzione straordinaria e una cura costante, quasi quotidiana».
Quale soluzione?
«Adottare lo stesso modello dello stadio dove, accanto alla manutenzione svolta da una ditta specializzata, ci sono cure costanti e quotidiane del nostro personale».
Ma il Turchi è gestito dalla Uisp.
«Eh, sì. Fino al settembre 2025. La Uisp fa il massimo nelle sue possibilità con le risorse i mezzi assegnati. La questione è che il Turchi non è un campo come gli altri. E’ il Sussidiario della Pistoiese e da 50 anni non era mai stato così. Va curato e preservato. Non ci si può mettere le partite di terza categoria o altre attività perché con un utilizzo improprio basta una settimana di pioggia per rovinarlo. E la Uisp non c’entra niente».
Questa è l’urgenza, ma a lungo termine ipotizza la realizzazione di un centro sportivo?
«Ci piacerebbe. Un centro polifunzionale che sia anche luogo di aggregazione e, ovviamente, di ricavo, con ristorante, pizzeria, palestra, foresteria, campi da tennis e da padel. Una ’Orange city’. L’amministrazione comunale ha, giustamente, investito molto sulla ristrutturazione delle scuole: ora però è il tempo di pensare allo sport. Ha cominciato con il Legno Rosso, non basta. Va fatta una selezione delle priorità e la Pistoiese è una priorità perché non c’è un campo sportivo pubblico a sua disposizione. Bisogna che il Comune si apra ad investimenti e gestione totale degli impianti sportivi da parte dei privati. Ci sono aree a Pistoia, anche importanti, che potrebbero essere oggetto di investimento per creare centri sportivi, ma serve una chiara scelta politica. Un privato vuole la proprietà del bene o una concessione novantennale per fare investimenti. Il Comune dia un segnale: ci sono imprenditori pronti a rifunzionalizzare un’area».
Per il calcio giocato, ci confida gli obiettivi a lungo termine?
«Innanzitutto dobbiamo tornare fra i professionisti perché è lì che deve stare la Pistoiese. Più a lungo respiro, in circa cinque anni, vorrei la serie B. Ma non sono promesse. Lo scriva e lo riscriva: non sono promesse, sono obiettivi».
La B porterebbe prestigio sportivo e vantaggi economici: la D è davvero una rimessa?
«In serie D e C qualunque proprietario deve ripianare perdite che possono andare, ogni anno, da un mino di tre-quattrocentomila euro fino anche a due milioni e mezzo. In B le cose cambiano per i contributi di Sky e Federazione».
In soli cinque mesi la Pistoiese ha cambiato due assetti societari…
«Il progetto è stato presentato il 4 giugno dello scorso anno ed è nato più dal cuore e dalla passione per la Pistoiese che da motivazioni razionali o imprenditoriali. Ho vissuto a Pistoia una ventina d’anni, giusto il tempo di innamorarmi della squadra di calcio della città, ma negli ultimi anni ho vista la Pistoiese soffrire molto fino alla completa scomparsa: non soltanto fallita, ma addirittura radiata».
La Pistoiese poteva essere salvata intraprendendo altre strade, come ad esempio, quella percorsa ad Ascoli. Lei perché ha fatto la scelta di attendere il fallimento?
«Visti i ben noti problemi debitori e giudiziari, bisognava ripartire da una nuova società e vista l’assoluta mancanza di un progetto imprenditoriale pistoiese ho deciso di farla rinascere con una struttura societaria diversa e che avesse chiari obiettivi di breve ma anche di lungo termine. Però è stato difficile: non eravamo a zero, eravamo a sotto zero. Della società gestita da De Simone non c’era niente. Non avevamo neanche accesso alle carte dei fornitori, che erano in mano al liquidatore che doveva fare gli interessi dei creditori. Per non parlare del materiale sotto sequestro della Guardia di Finanza. Ancora oggi non abbiamo accesso a molte carte».
Chi l’ha consigliata?
«Sono stato più volte a Roma, in Federcalcio. Ho incontrato anche il presidente e il responsabile del settore legale: mi hanno dato consigli per evitare sprechi di tempo e denaro. Per ripartire dalla stessa serie occorreva acquisire un titolo sportivo e ringrazio il curatore fallimentare che mi ha permesso di acquistare quel ’nome’ in tempo per iscriverci al campionato. Ma voglio precisare una cosa...»
Cosa?
«Non mi hanno regalato il codice sportivo di affiliazione alla Lega».
Ecco, parliamo dell’aspetto economico. Lei ha portato avanti un’operazione onerosa: possiamo fare un po’ di conti?
«Siamo già oggi ampiamente sopra il milione, anche perché non è stato indolore nemmeno acquisire la partita Iva della precedente gestione dell’Aglianese».
In pratica, lei ha pagato i debiti dell’Aglianese e ha investito per garantire che la società Amici Miei portasse nel calcio il nome di Agliana …
«Niente di diverso da quanto concordato con il sindaco di Agliana. La cittadina aveva un’altra squadra che poteva diventare Aglianese e anche lì ci fu un costo da assorbire».
Ricapitolando, tutti i conti sono stati saldati, ma l’ex presidente dell’Aglianese, Fabio Fossati, che non ha mai nascosto di voler acquisire la Pistoiese se ne è già andato.
«Ad oggi la proprietà è mia come persona fisica. Nessun investimento con la società in cui lavoro, d cui sono amministratore delegato oltre che azionista ma assieme a dei fondi di investimento che non mi avrebbero permesso questa operazione».
La vicenda Aglianese è rimasta indigesta a molti, però, lo sa?
«Non volevo fare scomparire la Pistoiese, ma non ho visto imprenditori disposti a rilevarla. Ho scelto quello che ritenevo il male minore. Operazioni di questo tipo sono state fatte in tutta Italia. Lo stesso Tau nasce da una fusione. Questa operazione ha permesso di saltare categorie difficili da vincere senza perdere anni e risorse che abbiamo potuto destinare alla costruzione di questo progetto».
E con Fossati?
«Lui è stato importante nella nascita del progetto Pistoiese. Ha sempre dichiarato di voler acquistare la Pistoiese da De Simone. Quando De Simone gli chiuse la porta in faccia, lui comprò l’Aglianese. Poi, con il precipitare della situazione lo scorso anno, io parlai con Fossati che si disse disposto a partecipare al progetto con il titolo sportivo e come socio insieme ad altri».
Era disposto a spendere?
«Promise il supporto economico al progetto che gli era noto e che comportava un impegno finanziario molto grosso. Ma quando a settembre deliberammo l’aumento di capitale di un milione e 400mila euro io versai la mia quota il giorno stesso; lui chiese tempo per poi decidere, due mesi dopo, di allocare altrove le risorse della sua società»
Non si è sentito preso in giro?
«Con Fabio c’è sempre stato rispetto. Ho preso atto dei suoi desiderata e ho trovato subito un’alternativa a me gradita».
Parla di Maurizio Turci?
«Sì, collega e amico. È una soluzione temporanea per finire la stagione. Sto ancora cercando uno o più azionisti possibilmente pistoiesi che detengano almeno il 40 per cento delle quote, che diano credibilità finanziaria al progetto e che siano disposti a spendere, pro quota, per realizzare ciò che abbiamo in testa. Le confesso che ho dato mandato a una banca d’affari di cercare un azionista serio e affidabile».
Intanto ha investito molto anche per il management: ne valeva la pena?
«Volevo persone serie, credibili e affidabili. Taibi ha rifiutato un’offerta dalla B tanto crede nel progetto. Pazzini porta una buona dose di esperienza di alto livello. Fondatori lo conoscete tutti. L’organigramma è fatto a regola d’arte».
Senza ipocrisie, possiamo dire che l’uscita di scena di Fossati ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quei tifosi che non lo vedevano di buon occhio e a molti imprenditori?
«Non la metterei così: all’inizio c’era un po’ di diffidenza ma soprattutto perché la precedente proprietà aveva devastato l’immagine della Pistoiese. Con gli sponsor, è vero, le cose sono migliorate. Oltre ai ’vecchi’ che ci hanno dato una mano, hanno cominciato ad avvicinarsi aziende pistoiesi che non avevano mai partecipato in passato con sponsorizzazioni. Il tutto senza dimenticare Vannino Vannucci la cui presenza era per me condizione fondamentale, non tanto per l’apporto economico quanto perché profondo conoscitore dell’ambiente e della Pistoiese. Se non avessi avuto il suo appoggio, non avrei mai fatto questa operazione».