LINDA MEONI
Cronaca

Ipoteca del 1510 sulla casa. Un dazio medioevale da pagare alla Curia in ‘staia’ di grano

Stupore, quello provato dai fratelli Bucci, che all’atto di vendere il loro terreno hanno scoperto l’esistenza di un vecchissimo vincolo notarile sulla loro proprietà. Un’antica tassa di cinquecento anni fa

In foto Rosalba Bucci che impugna l’ipoteca

In foto Rosalba Bucci che impugna l’ipoteca

Pistoia, 23 gennaio 2025 – Anno 1510 dopo Cristo. Un notaio di quei tempi, così lo immaginiamo, siede a un tavolo. Impugna una penna d’oca, la intinge nell’inchiostro e verga su carta qualcosa che più o meno suona così: per quel terreno che tu possiedi annualmente dovrai corrispondere all’Antica Pieve di San Giovanni in Montecuccoli (oggi San Giovanni Evangelista in Valdibure) un dazio di “Staia 30 di grano”. Lui, il notaio in questione, si chiama Ser Bartolomeo del Gallo. E il suo nome avrebbe potuto ben perdersi negli anonimi carteggi medievali, se non fosse che dalle parti di Baggio, prima collina pistoiese, quel nome dovrebbe risuonare chiaro nelle orecchie di molti.

Anno 2024, Rosalba Bucci e suo fratello Giorgio, e come loro altri prima di quell’anno, si trovano a vendere l’abitazione di famiglia in via di Baggio Nuova. Trovato l’acquirente, la pratica passa al notaio per il rogito. Due giorni dalla firma delle parti ed ecco l’inghippo: su quella casa grava una particolare e rara forma di ipoteca, detta “ipoteca a garanzia di livello”. Quella cioè che ritrova le sue origini in quell’atto di cui sopra a firma Ser Bartolomeo del Gallo.

Una tassa vecchia cinque secoli che nonostante l’esaurita decorrenza della “staia di grano” si è ritenuto di dover mantenere. E quindi riscuotere. In termini pratici: i signori Rosalba e Giorgio Bucci, pena l’invendibilità della casa, hanno staccato un assegno di mille euro intestato alla Parrocchia di Valdibure (corrispondente all’allora Montecuccoli) “per cancellazione livello”. Un importo a quanto pare ’concordato’ tra le parti come si legge nel documento timbrato e controfirmato da rappresentanti della Curia, dove si procede a richieder denaro e consensi nel nome di Dio (testualmente: “Invocato il Santo Nome di Dio”).

“Abbiamo dovuto vendere la casa per urgenti necessità familiari – racconta Rosalba –, già ribassando di molto il prezzo inizialmente stimato per la vendita. La notizia di questa ipoteca da cancellare dietro pagamento in soldi mi ha lasciata basita e amareggiata. Vendevo un pezzo della mia storia familiare, di un luogo al quale sono legata affettivamente, e quello stesso luogo a me caro attraverso la parrocchia mi chiedeva il pagamento di un dazio, quantificato e tradotto in euro secondo un metodo ancora non chiaro. Ma l’urgenza di vendere era tale che sono andata avanti e così ho pagato quanto chiesto”. Per ricostruire la genesi dell’ipoteca in questione si è arrivati passando per atti risalenti al 1991, poi al 1973, al 1914 e infine, a ritroso nel tempo in una sorta di concatenazione lunghissima, al 1510. L’ipotesi è che stesso provvedimento gravi su una buona parte di terreni o abitazioni compresi nelle pertinenze della parrocchia di Valdibure. A noi, oltre a questo caso che raccontiamo, ne è noto e provato un altro, sempre riguardante un immobile sito a Baggio.

“Non era insolito allora – ci chiarisce un notaio – che i proprietari concedessero in godimento terreni dietro riscossione di un canone livellare, fissato in soldi o grano a garanzia del cui pagamento veniva iscritta l’ipoteca. Si discute oggi se il venir meno del diritto di credito per mancate riscossioni negli anni faccia decadere il diritto di proprietà sui terreni. Ciò che si dovrebbe fare, tramite la Conservatoria, è andare a verificare laddove possibile la costituzione del livello originario: alcuni erano perpetui, altri vigenti solo per un determinato periodo. Complesso e intraducibile poi il criterio di conversione Staia-Euro. Quello di Baggio è un caso sì raro, ma non impossibile. Riguarda più le periferie, ma accade anche nel nostro centro città con equivalenti dazi da corrispondere alla Curia o agli antichi ospedali”.

(ha collaborato Piero Bucci)