Pistoia, 28 gennaio 2020 - Primavera 1988 , Cireglio. Joe Bryant mi riceve nella sua grande casa in mezzo al nulla, poco sopra il paese. C’era tutta la sua splendida famiglia. Io, giovane cronista, ero stato inviato dal caposervizio di allora, Alberto Ciullini, a... riprendere la vita quotidiana del grande campione americano, colui che aveva cambiato la pallacanestro a Pistoia.
Fino a lì era stato uno sport glorioso, epico ma roba da dilettanti o quasi, con la serie A e con gli americani - e Bryant era stato il primo insieme Leon Douglas - si era entrati infatti in un’altra dimensione. Ciullini era incuriosito da questo “gigante nero” che faceva sognare i ragazzini di Pistoia per qualcosa che non fosse il calcio.
E dunque, grazie anche al giemme Alfredo Piperno, eccomi lì, quel giorno, a Cireglio, per raccontare, come direbbe Marzullo, momenti di vita vissuta da e di Joe Bryant. E fu il giorno che conobbi Kobe, che per me era il bambino che nella squadretta della Libertas “schiacciava nel canestrino”, come mi avevano detto. Intervistai Joe, sulla sua vita privata, la sua bellissima moglie e poi feci anche due o tre domandine a Kobe. Roba del tipo... ti trovi bene qui? Ti piace la squadra dove gioca il babbo? Cosa vuoi fare da grande? E lui, che stava per compiere 10 anni, rispose in italiano con grande sicurezza e semplicità... che ci stava bene, anche se forse avrebbe preferito abitare più vicino agli amici, che la Maltinti gli piaceva, che suo babbo era il più forte e che da grande avrebbe fatto il giocatore di basket, anche se era attratto pure dal calcio. A ripensarci, forse sono stato il primo giornalista a intervistarlo.
Da quel momento comunque instaurai un bel rapporto con Joe, basato sulla stima e la fiducia. Lui era un... istrione, in campo e fuori. Kobe ha senz’altro preso dal padre. Ricordo con piacere le vigilie dei derby: Joe voleva che l’intervista fosse fatta a Montecatini, mentre si prendeva tutti insieme un gelato dal Desideri. E alla fine mi diceva come sarebbe andata a finire la partita ma questo non potevo scriverlo. Non ha mai sbagliato pronostico. Anche in quelle occasioni c’era Kobe, del resto il gelato era eccellente. Ammetto che quando è diventato il giocatore di basket più forte del mondo mi sono sentito orgoglioso, come tutti i pistoiesi. E ora, alla sua tragica e prematura scomparsa, è come se mi fosse morto un amico.