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La battaglia per una legge Mamma Emma all’orditoio dove morì la figlia 22enne

Un’altra prova di coraggio per la famiglia dell’operaia Luana D’Orazio "Ho firmato perché lo Stato riconosca l’omicidio sul lavoro come reato".

La battaglia per una legge Mamma Emma all’orditoio dove morì la figlia 22enne

di Luca Bongianni

PISTOIA

Sarà presente anche domattina, a mezzogiorno, davanti all’orditoio di Montemurlo dove il 3 maggio 2021 sua figlia perse la vita appunto sul luogo di lavoro. Emma Marrazzo, madre di Luana D’Orazio, la giovanissima 22enne morta mentre lavorava, ieri mattina è stata la prima davanti alla Piaggio di Pontedera a firmare per la proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi o gravissime alle lavoratrici e lavoratori. Una campagna nazionale iniziata ieri e che nei prossimi sei mesi conta di raggiungere le 50mila firme. E la madre di Luana è in prima fila per dire "stop alle morti sui luoghi di lavoro".

Domani ha deciso di tornare in un luogo che ha cambiato la sua vita, mettendo fine a quella di sua figlia che ha lasciato un bimbo piccolo. "Ci ho pensato un po’, è molto doloroso andare nel luogo dove ti hanno ammazzato la tua di figlia. Ma credo proprio che ci sarò. Farò uno sforzo enorme. Lo farò per mia figlia e per i figli, mariti e mogli degli altri", ha detto ieri mattina Emma Marrazzo durante il primo banchetto della campagna di raccolta firme organizzato davanti alla fabbrica pisana.

"Ho appena firmato – ha detto dopo aver messo nome e cognome sulla lista dei firmatari a sostegno della campagna – ora tocca agli altri. Per il bene di tutti i lavoratori e dei loro figli perché la mia purtroppo non torna più. Se lotto, lotto per tutti coloro che vanno a lavorare". Sono numeri impressionanti quelli che testimoniano una strage di lavoratori e lavoratrici che non accenna a rallentare.

La scorsa settimana nell’incidente ferroviario di Brandizzo, nel Torinese, cinque operai sono stati travolti da un treno mentre stavano lavorando. Kevin, il più giovane, aveva la stessa età di Luana. "Da Luana a Kevin non è cambiato niente – dice Emma Marrazzo –. Anzi sono giorni che non riesco più a dormire. Penso sempre ad una scena, quando ti viene comunicata la morte di un figlio e che tu, anche con quel forte dolore, devi comunicarlo ai tuoi, a tutti. Non è bello il calvario che si vive da quel giorno in poi. Dalla perdita di mia figlia sono passati due anni, quattro mesi ed un giorno ma vedo che è sempre tutto uguale. Ci sono tante famiglie che mi chiamano, non va bene. Si parla di morti bianche. No, sono morti ’volute’. Non c’è attenzione".

Emma Marrazzo continua a lottare e si dice disponibile a mettersi in contatto con le famiglie che condividono il suo stesso dolore. "Certo, se queste madri lo vogliono possiamo sentirci – annuncia ai giornalisti dimostrando il suo consueto coraggio –. Per supportarle però non posso dirgli che questo dolore passerà, perché non è così. Ogni giorno è sempre peggio. Io vado avanti, mi aggrappo a mio nipote. È lui la luce che mi fa andare avanti ma con molta, molta difficoltà. Sono situazioni che non dovrebbe provare più nessuno, sul lavoro no. La fatalità ok è fatalità, ma quelle volute proprio no".