Capitolo zero, quello delle premesse: fettunta. Perché dalle nostre parti, per dirla alla Montanelli, "si tira all’asciutto" come modo d’essere e pure di mangiare. E allora anche pane e olio (ma che sian bòni, tutt’e due) bastano per raccontare di noi, toscani sì, ma pure pistoiesi.
È da questo golosissimo denominatore comune regionale che parte il viaggio verso "La cucina pistoiese" di Luciano Bertini, un volumetto essenziale da prender per sé o regalare in queste feste di Natale a chi si vuole bene per davvero. Perché la pancia piena, la condivisione e il mangiar bene non c’è dubbio che con l’affetto molto abbiano a che fare.
È grazie a La Nazione e al supporto di Confcommercio e dell’editore, la Compagnia dei Santi Bevitori, che questo libro torna finalmente disponibile dopo esser stato indiscusso best seller nell’anno della sua prima uscita, 2001, e poi della sua ristampa, 2021, finendo per diventare introvabile.
Niente panico allora: perché una copia de "La cucina pistoiese" sarà regalata a tutti coloro che domani, sabato 14 dicembre, si recheranno in edicola e acquisteranno una copia del nostro giornale. Nessun equivoco, il libro non costerà niente per davvero, come conviene a quelle che si possono definire occasioni imperdibili. A patto di non arrivare troppo tardi in edicola, ovviamente.
Una cinquantina in tutto le ricette contenute ne "La cucina pistoiese", con la classica catalogazione che inizia dagli antipasti, prosegue con le minestre e le zuppe e si avvia verso i dolci passando dai secondi. Dentro c’è veramente tutto ciò che ci identifica e contraddistingue culinariamente, sempre a partire da un principio di riuso e non spreco, semplicità e costo zero, con le parti non nobili dell’animale a diventar spesso protagoniste, vedi il famoso carcerato o i crostini di testina di coniglio.
Il viaggio nella pistoiesità a tavola è ricco e passa per la zuppa di pane alla pistoiese proposta anche nella variante "della montagna pistoiese", per la farinata con le leghe, per i maccheroni sull’anatra di San Jacopo e poi ancora, la trippa col sugo, l’inzimino di lampredotto, il biroldo, il lesso rifatto, il magro della nonna, per finire ad addolcirsi la bocca con il berlingozzo, i necci o i brigidini. Tutte ricette che parlano di identità e radici.
A chiudere il viaggio, un affresco rapido sui quartieri e un tour fotografico che parla di chi eravamo proprio attraverso immagini a tema gastronomico selezionate dalle collezioni private di Giovanni Innocenti, Giovanni Tronci e Marco Ricotti.
"Questa iniziativa mi ha regalato una bella soddisfazione ed è stata anche l’occasione per sentire vicini amici vecchi e nuovi – dice Monica Ferrari, moglie di Luciano Bertini, scomparso nel 2023 –. Il libro nacque nel 2001 su invito di Claudio Rosati e la sua storia si è poi replicata grazie a Cesare Sartori. Ricordo il grande lavoro fatto da Luciano per raccogliere quante più informazioni da quante più fonti possibili: si trovava di fronte a un’opera nuova, che non aveva cioè nessun antenato di carta. Il suo è stato il primo e unico libro sulla cucina pistoiese che ha saputo costruire con semplicità, dandogli una sua riconoscibilità. Sin dalla prima uscita il riscontro che ottenemmo dalle persone comuni fu straordinario, capimmo che la gente si sentiva rappresentata da questo libro. È accaduto che le nostre vecchie ricette sono tornate attuali e che persone poco abituate a cucinare si siano scoperte appassionate dei fornelli. Ritrovarsi qui oggi quindi è una grande gioia – conclude –. Che avrei tanto voluto potesse vivere anche Luciano".