C’è un mondo che fatica ad emergere, incapace ancora a sfondare il muro del pregiudizio. Quello secondo cui Cina è solo regime, Cina è minaccia economica. Per non parlare dei cinesi: alcuni, lo dice la gente, neppure muoiono. Di vederli sorridere neanche a pensarci. Seri, restii all’integrazione. E allora come fanno, in questo clima di distacco – peggio: diffidenza – a farsi largo autori cinesi, letture che di quel mondo sono intrise? Peccato. Perché se solo accadesse, che quelle letture entrassero nei nostri salotti o sotto le nostre coperte, ne resteremmo semplicemente travolti, abbagliati. Di ragioni e indizi per parlarne credibilmente Silvia Pozzi, docente di lingua e letteratura cinese all’Università di Milano Bicocca nonché traduttrice letteraria, ne ha a bizzeffe. E sarà di queste che parlerà sabato 5 ottobre (ore 18) alla libreria Lo Spazio di via Curtatone e Montanara 20-22 in un incontro dal titolo "La Cina che non ti aspetti" in dialogo con Alessandra Repossi, traduttrice, autrice e giornalista. Sarà anche l’occasione per raccontare questo mondo a partire da quattro suoi autori e autrici scelti tra quelli di punta.
E, carta e penna, prendere appunti per le prossime letture.
"L’immagine che popolarmente si ha della Cina è pesante e deleteria. L’ombra del regime finisce per oscurare un intero popolo. Questa e infinite altre ragioni sono la causa di una così poco diffusa lettura di autori cinesi contemporanei. Eppure la Cina è altro – illustra la professoressa Silvia Pozzi – e questo incontro pur nella sua brevità vuole servire a sconnettere pregiudizi, a raccontare pagine di letteratura cinese molto vive, vivaci e sconvolgenti. I temi sono dei più vari, gli scrittori tantissimi e finisce che incontriamo non una sola Cina ma mille diverse. Non solo. Tutto ciò che non ci aspetteremmo mai da quel mondo, accade veramente. Penso a Yu Hua che in ‘Brothers’ smonta una convinzione: i cinesi sanno anche ridere e far ridere. È qui che l’autore accosta momenti di comicità esilarante a tuffi senza rete in tragedie fulminanti. Nella letteratura della sinosfera non esistono generi come tragedia e commedia, si è ancora più vicini alla realtà della vita, c’è un flusso continuo tra tutto quello che ci tocca come esseri umani. Il sesso è ricorrente, se ne parla, se ne scrive; c’è una gioia di vivere, un contatto semplice e diretto con il corpo, per noi europei impensabile. Finalmente di questo si parla e senza pruderie, liberi da tutti i caschi che portiamo in testa fin da piccoli. Alla fine quello che emerge dalle letture è che la Cina non è il monolite che ci è sempre sembrato. E che la letteratura è per quel popolo il canale preferenziale per la critica politica e sociale. La parola scritta in Cina è sacra, la censura chiede agli autori di scrivere in modo luminoso".
Che un cambiamento seppur timido sia in atto però è la stessa professoressa a osservarlo: "Traduco dal 1999. Allora i traduttori dal cinese si contavano sulle dita di una mano. Adesso siamo a decine e le case editrici che guardano alla Cina sono in aumento – conclude Pozzi -. Il mio forse è un po’ un ‘mal di Cina’, però qui in Europa oggi viviamo in una palude, mentre là puoi ancora sentire il battito della vita che cambia".
linda meoni