REDAZIONE PISTOIA

La multiculturalità è arricchimento

Un fenomeno complesso che non deve spaventare: come è nato e come si è sviluppato nel tempo

La migrazione ha accompagnato la storia dell’umanità da quando l’homo sapiens dall’Africa ha migrato verso gli altri continenti. Migrare è un verbo generico che indica lo spostamento di persone da un paese (emigrare) ad un altro (immigrare). La migrazione presenta aspetti positivi e negativi legati all’integrazione. Di fronte ad una persona straniera si può avere un effetto di spaesamento per le differenze legate all’aspetto esteriore, alla lingua, alle tradizioni e alla religione. Questo accade perché non conosciamo l’altro, quindi possiamo provare timore e lasciarci influenzare dai pregiudizi, che alimentano gli stereotipi, che generano la xenofobia (la paura dello straniero) e il razzismo. Anche gli immigrati si possono sentire disorientati nel processo di integrazione. Dovremmo perciò imparare l’empatia e metterci nei panni altrui per abbattere i pregiudizi e comprendere gli altri. L’integrazione è un fenomeno complesso ma può portare un grande arricchimento: la varietà delle culture viene infatti definita una necessità del genere umano dalla "Dichiarazione universale sulla diversità culturale", approvata dall’Unesco nel 2001. Il documento afferma che in una società la convivenza pacifica tra le culture stimola le capacità creative dei singoli e contribuisce al suo sviluppo economico, intellettuale, affettivo, morale e spirituale. Per questo pensiamo che una società multietnica, come l’Italia oggi, sia un’occasione per tutti di arricchimento. L’Italia è stata a lungo terra di emigrazione, soprattutto tra la seconda metà del 19esimo e la prima metà del 20esimo secolo. Anche per l’alto numero di emigrati, la legge italiana prevede che la cittadinanza si ottenga per diritto di sangue (ius sanguinis). Oggi però l’emigrazione è diminuita ed è aumentata l’immigrazione.

Secondo il dossier statistico del 2020, gli stranieri residenti sono l’8,8% della popolazione e provengono principalmente da Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. Essi possono ottenere la cittadinanza ma con una procedura complessa. Da classe multiculturale, vorremmo riflettere sulle seconde generazioni: i bambini stranieri nati o cresciuti in Italia che hanno la cittadinanza del Paese dei genitori, finché non ottengono quella italiana. Come possono sentirsi? Diversi dai loro compagni e distanti dai loro connazionali. Noi, che ci consideriamo tutti uguali, vorremmo che fosse preso in seria considerazione il diritto di cultura con cui chi ha frequentato la scuola italiana ottiene la cittadinanza. Ci auguriamo che tale dibattito, già aperto, sia portato in primo piano e affrontato con serietà.